Pranzi e spesa a sbafo, a processo il clan Zullo

Pranzi e spesa a sbafo, a processo il clan Zullo
Inchiesta bis sul gruppo di Dante Zullo, in 13 finiscono a giudizio. Il processo partirà il prossimo 3 febbraio, del 2021. Tra gli imputati Dante Zullo, il figlio Vincenzo...

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Inchiesta bis sul gruppo di Dante Zullo, in 13 finiscono a giudizio. Il processo partirà il prossimo 3 febbraio, del 2021. Tra gli imputati Dante Zullo, il figlio Vincenzo e la figlia Geraldine, poi Franco Romano, Gerardo Bartiromo, Stefania Di Popolo, Antonio Panza, Antonio Bisogno, Vincenzo, Gaetano e Francesco Bisogno, Antonio Di Martino e Carlo Lamberti. Tra le accuse, distinte a seconda dei ruoli, l'Antimafia contesta usura ed estorsione, aggravata dal metodo mafioso. Il filone è figlio della più ampia inchiesta, conclusa a luglio in primo grado, dinanzi al tribunale di Nocera Inferiore, che aveva escluso per la compagine che faceva riferimento a Dante Zullo la natura camorristica. Per questa nuova indagine, invece, le accuse sono quindici, con buona parte mosse al 59enne Dante Zullo, condannato di recente a 20 anni di reclusione quale promotore di un'associazione criminale semplice. Tra gli episodi messi insieme dal 2006 fino al 2020, emerge - secondo le accuse - il potere della fama criminale di Dante Zullo, che sarebbe riuscito in un caso a ricevere assistenza e manutenzione di alcuni mobili dentro la sua scuderia, costringendo una ditta a non versargli alcuna somma di denaro.



La vittima avrebbe rinunciato a chiedere soldi «sapendo dei precedenti di Zullo, pur di tenerlo lontano dal mio mobilificio e dai miei figli e perché tutto filasse liscio nella nostra attività». Il figlio, Vincenzo Zullo, è accusato di usura, invece, a danno di un negozio di abbigliamento per un prestito di circa 5000 euro. E ancora, un episodio di estorsione sul passaggio di proprietà di un furgone a danno di Giovanni Sorrentino, da tempo collaboratore di giustizia e vicino in passato alla famiglia Zullo. Nelle carte ci sono anche diversi pranzi che Zullo, il figlio Vincenzo, ma anche Antonio Di Marino e Carlo Lamberti, non avrebbero pagato in un ristorante di Cava. Secondo la Dda, il cassiere, finiti i pasti, si sarebbe rivolto così a Zullo: «O zi' fate voi», ottenendo una somma «del tutto irrisoria rispetto al valore delle portate servite». Lo stesso avrebbero fatto Dante Zullo e la figlia Geraldine verso il titolare di una macelleria, che consegnò loro della carne ad un prezzo al ribasso rispetto a quello di costo. Il solo Dante, invece, risponde di estorsione nei riguardi di un dipendente di una pescheria a Salerno, che gli avrebbe ceduto reiterati quantitativi di pesce senza che il primo versasse un euro. Seguono poi accuse di favoreggiamento per altri imputati, che negarono di essere state vittime di usura.
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Il Mattino