Denunciarono estorsioni del clan, ora rischiano la falsa testimonianza

Denunciarono estorsioni del clan, ora rischiano la falsa testimonianza
Da vittime d’estorsione al rischio di essere indagati per falsa testimonianza. È l’altra faccia del processo dell’Antimafia Criniera, concluso pochi...

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Da vittime d’estorsione al rischio di essere indagati per falsa testimonianza. È l’altra faccia del processo dell’Antimafia Criniera, concluso pochi giorni fa con una raffica di assoluzioni per oltre 40 imputati e la caduta di accuse quali estorsione, associazione di stampo mafioso e traffico di droga. Le ulteriori decisioni prese dal collegio riguardano, infatti, la trasmissione degli atti alla Procura per valutare l’accusa di falsa testimonianza dopo le deposizioni di quattro persone, vittime di presunte estorsioni, le cui imputazioni sono cadute con contestuale assoluzione.

Sono storie che hanno sullo sfondo il clan di Pagani, la cui esistenza non è stata dimostrata, dove sodali o soggetti ritenuti vicini, entravano spavaldi in negozi e attività commerciali per pretendere soldi e altri beni senza pagare. C’è la storia del titolare di una macelleria, che sarebbe stato costretto a corrispondere gratuitamente ad uno degli imputati assolti beni dalla sua attività. In caso contrario, avrebbe subito danni economici o peggio. Lo stesso capitò al gestore di un negozio di liquori, picchiato e minacciato qualora non avesse praticato sconti ad alcuni imputati. C’è anche il commerciante che gestiva un negozio di detersivi e casalinghi, che in un verbale del 2011 disse di «non voler correre ulteriori rischi riferendo particolari in quanto sono molto spaventato». Prima, però, aveva anche spiegato di aver praticato sconti e fatto regali ad alcuni imputati per «quieto vivere». Un’altra delle presunte vittime, in aula, interruppe la sua testimonianza - era il 2017 - spiegando di avere paura «di quelle persone» e di non «poter dire altro».

Tra le storie c’era anche quella del titolare di una cooperativa di parcheggiatori di Pagani. Anche lui parlò di intimidazioni e minacce, affinché lasciasse la cooperativa a favore di uomini del clan Fezza-D’Auria Petrosino

 

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Il Mattino