Ex Enpas, quel mostro di cemento come una ferita tra mare e collina

Ex Enpas, quel mostro di cemento come una ferita tra mare e collina
Il paesaggio, da via Belvedere, è mozzafiato. Lo spettacolo è quello di Salerno dall'alto. Lo sguardo abbraccia il golfo e, man mano che si procede scendendo...

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Il paesaggio, da via Belvedere, è mozzafiato. Lo spettacolo è quello di Salerno dall'alto. Lo sguardo abbraccia il golfo e, man mano che si procede scendendo verso il centro, gli angoli della città sembrano ingrandirsi come attraverso una lente d'ingrandimento: il capoluogo si offre nei suoi molteplici dettagli. Ma proprio di fronte alla pineta del Colle Bellaria un palazzone impone la sua presenza frapponendosi con forza tra la vista e il mare. È il massiccio stabile dell'ex Enpas. Un fabbricato corpulento che spezza la magia e risucchia nel degrado la suggestività del panorama.


È una storia lunga e complessa quella del grande edificio che sorge tra viale delle Ginestre e via Belvedere. Uno stabile fatto di due corpi di fabbrica, uno di quattro piani e l'altro alto più del doppio. Un edificio spettrale, raggiungibile sia dall'una che dall'altra strada. Da ambo le prospettive, però, lo spettacolo è lo stesso. Vetri rotti, addirittura assenti, che proiettano lo sguardo dritto in quelle stanze che, un tempo, avevano accolto anziani e che, successivamente, si era pensato di trasformare in camere d'albergo. Niente più vernice. Solo cemento. Cemento all'interno e, all'esterno, cemento, mattoni e murales qua e là. Mattonelle divelte negli stanzoni non più separati neppure dai muri. Calcinacci e macerie accumulati. Distruzione totale, insomma. L'annichilimento di un edificio ormai inghiottito da arbusti e attaccato dall'edera.
 

Una devastazione cercata, pare, per evitare che l'edificio fosse preso di nuovo di mira da gente in cerca di un tetto. Perché, prima che sprofondasse nel più totale degrado, il palazzo era stato l'abitazione abusiva di centinaia di senzatetto. Correva l'anno 1961 quando, sindaco Alfonso Menna, la struttura fu progettata. Fu realizzata qualche anno più in là, tra il 1967 e il 1968. A gestire quell'enorme stabile, dal quale si poteva (e si potrebbe) godere di uno dei più affascinanti panorami di Salerno, fu l'Enpas, l'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti statali istituito durante il regime fascista per provvedere, tra l'altro, all'assistenza sanitaria dei dipendenti delle amministrazioni statali e dei loro familiari. Con le sue circa cento stanze, fu utilizzato proprio come centro di accoglienza per anziani. Ma non durò a lungo. Perché meno di un decennio dopo, nel 1977, le competenze in materia sanitaria furono trasferite alle Regioni e l'Enpas fu posto in liquidazione. Le sorti del fabbricato furono allora segnate, perché ebbe inizio il progressivo abbandono della struttura. La quale, tuttavia, iniziò di lì a poco a riempirsi di nuovo. In maniera abusiva, però. L'ex palazzo Enpas divenne la casa di decine e decine di famiglie che fecero di quelle stanze la loro abitazione. «I miei ricordi risalgono a quando era sindaco Giordano - racconta il consigliere comunale Gianpaolo Lambiase - In quel palazzone c'erano dei senzatetto che lo occupavano abusivamente. All'epoca, ero presidente della commissione casa. Ricordo che stilammo le prime graduatorie per l'assegnazione delle abitazioni ai terremotati dell'80 ma chi occupava quel palazzone non rientrava». E questo perché «la maggior parte di loro non erano terremotati - spiega Lambiase - Tanto che dopo l'assegnazione delle case stavano ancora là. Insomma, gli occupanti erano senzatetto, sfrattati storici. Alcuni li ricordo ancora, ora stanno a Sant'Eustachio». Esiste addirittura una pagina Facebook che rievoca, con nostalgia, i tempi dell'occupazione. Si chiama «I ragazzi dell'Enpas» e raggruppa chi in quel palazzone ci è nato e cresciuto. Nessun cenno a parole come «occupazione» o «abusivo». Solo il ricordo e il rimpianto degli anni che furono, dell'infanzia spensierata all'interno dell'enorme palazzo. Che richiese anni e lunghe trattative, sindaco De Luca, perché i proprietari riuscissero a sgombrarlo definitivamente. Che ne sarà oggi del palazzone è presto per dirlo. Una via d'uscita, però, sembra intravedersi. Acquistato nel 2001 da una società immobiliare veronese, lo stabile avrebbe oggi nuovi proprietari che, rispettando le linee del Puc, potrebbero riqualificarlo realizzando al suo interno residenze e uffici. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino