Figli contesi, sentenza pilota «I loro racconti non prove»

Figli contesi, sentenza pilota «I loro racconti non prove»
SALERNO - Alienazione genitoriale, c’è una sentenza della Corte d’appello civile che potrebbe «cambiare» l’andamento di alcuni processi e...

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SALERNO - Alienazione genitoriale, c’è una sentenza della Corte d’appello civile che potrebbe «cambiare» l’andamento di alcuni processi e rappresentare il punto di svolta anche nell’ambito di una serie di inchieste penali sugli abusi su minori. Ancora una volta il tribunale di Salerno fa «giurisprudenza». E così, la sentenza ottenuta dall’avvocato Alba De Felice, la quale si è vista riconoscere proprio il principio dell’alienazione genitoriale come elemento fondamentale per ribaltare una sentenza di primo grado, diventa elemento di traino per l’Associazione Flag (Figli liberi dall’alienazione genitoriale) per ottenere in sede giuridica l’applicazione processuale del principio in base al quale le dichiarazioni rese dai figli non debbano costituire elemento probatorio nei procedimenti giuridici. 

La sentenza in questione è la numero 43 del 2015 e, proprio in questi giorni, è tornata alla ribalta non soltanto perché è diventata il cavallo di battaglia della Flag per il giusto riconoscimento del principio da parte degli organi inquirenti e giudicanti, ma anche perché, attraverso l’avvocato De Felice, presidente ordinario Ami (Associazione Matrmonialisti Italiani), viene proposta a livello governativo perché diventi legge.


«L’alienazione dei minori - spiega l’avvocato Alba De Felice - è un abuso vero e proprio. Ci sono genitori che ribaltano agli occhi dei propri figli lo stato delle cose per raggirarli a proprio comodo. E, mi dispiace dirlo, questo avviene quasi sempre ad opera delle madri». Anche se, la sentenza in questione riguarda una mamma. La donna si era vista addebitare la causa della separazione perché, secondo il marito, c’era stato tradimento durante il matrimonio. A causa di un disguido tecnico, la stessa non si era presentata (perché non avvisata dal precedente avvocato) all’interrogatorio formale da parte del giudice. Essendo assente, e non potendosi difendere, è scattato di fatto l’addebito. Elemento determinante sono state proprio le dichiarazioni dei figli i quali hanno sostenuto che la madre aveva un compagno. In sede di Appello, però, la De Felice ha dimostrato che i ragazzi erano stati alienati dal padre: il giudice ha riconosciuto la validità delle sue prove e ha ribaltato la sentenza, non addebitando più alla dona la causa della separazione dal marito. «Il vero problema - spiega ancora la De Felice - è che questo principio deve essere regolamentato così che, in automatico, scatti anche la calunnia nei confronti di cui ha manipolato i ragazzi. Cosa, questa, che al momento non avviene sempre». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino