Gli abiti che indossavano le vittime di stupri nella mostra di denuncia “Com’eri vestita?”

Diciassette outfit raccontano 17 storie di abusi sessuali

Gli abiti della mostra denuncia a San Pietro al Tanagro
Diciassette outfit raccontano 17 storie di abusi sessuali. La mostra itinerante, “Com’eri vestita?”, che è stata esposta per la prima volta nel 2013...

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Diciassette outfit raccontano 17 storie di abusi sessuali. La mostra itinerante, “Com’eri vestita?”, che è stata esposta per la prima volta nel 2013 dall’Università del Kansas, negli Stati Uniti, ha raggiunto l’Italia grazie ad Amnesty International e all’Associazione Libere Sinergie di Milano che ha adattato le storie al contesto italiano ed è arrivata a San Pietro al Tanagro.

Alla presentazione hanno partecipato il sindaco di San Pietro al Tanagro, Domenico Quaranta, Miriam Cariati, coordinatrice di Casa di Miriam, un progetto SAI gestito dalla cooperativa sociale ISKRA, che si occupa di accogliere donne sole o con bambini e che, per l’occasione, si sono occupate anche dell’allestimento.

Ad ispirare la mostra, che da anni gira l’Italia, è il poema “What i wash wearing?” (traducibile in italiano “Cosa indossavi?”) che Mary Simmerling scrisse nel 2013, in cui descriveva l’esperienza di stupro da lei vissuta nell’estate del 1987.

La poesia di Simmerling con parole semplici e incisive racconta il terribile evento attraverso il filtro del pregiudizio, narrando soprattutto l’indicibile vergogna cui è esposta la vittima di violenza. La donna descrive il suo abbigliamento da capo a piedi, rispondendo alla ripetuta domanda “Cosa indossavi?”, e conclude con un’affermazione incisiva che riformula il quesito ribaltando, di fatto, la prospettiva: “Ricordo anche cosa indossava lui quella notte anche se in verità questo nessuno lo ha mai chiesto”. Obiettivo dell’istallazione è, dunque, rendere tangibile uno dei più resistenti stereotopi che riguardano lo stupro: la convinzione che l’abito indossato dalla vittima possa essere correlato alla violenza subita. 

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Il Mattino