I pirati dello streaming, c'è la banda salernitana

Le intercettazioni nell'inchiesta: «Ormai siamo un'organizzazione, c'è un boss, 5 capi decine».

La rete al centro dell'inchiesta
Smantellata la più grande rete di pirateria audiovisiva. E a far parte del gotha del mercato nazionale illegale dello streaming c'erano anche alcuni salernitani....

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Smantellata la più grande rete di pirateria audiovisiva. E a far parte del gotha del mercato nazionale illegale dello streaming c'erano anche alcuni salernitani. Facevano parte di quel gruppo ristretto e sovraordinato che, oltre a promuovere e dirigere l'associazione scoperta dagli agenti della Polizia postale di Catania, decideva i costi degli abbonamenti, le sospensioni del servizio, le modalità di distribuzione dei dispositivi, coordinando i singoli operanti sul territorio nazionale. Ingente il giro d'affari: i profitti accertati solamente nei mesi di indagine ammontano a circa 10 milioni di euro ma si ritiene che i danni per l'industria audiovisiva potrebbero ammontare ad oltre 30 milioni di euro mensili, considerato che l'attuale operazione di polizia ha fatto luce sul 70% di streaming illegale nazionale pari a oltre 900mila utenti.

Complessivamente sono 70 le persone indagate per reati che vanno dall'associazione a delinquere a carattere transnazionale finalizzata alla diffusione di palinsesti televisivi ad accesso condizionato al riciclaggio, trasferimento fraudolento di beni, sostituzione di persona, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici, accesso abusivo ad un sistema informatico, truffa, ricettazione, ma anche spaccio di sostanza stupefacente, omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio.

Le indagini, avviate dal Centro operativo sicurezza cibernetica di Catania con il coordinamento del Servizio Polizia Postale di Roma, hanno permesso di delineare l'esistenza di un'associazione criminale organizzata in modo gerarchico, secondo ruoli distinti e ben precisi (capo, vice capo, master, admin, tecnico, reseller), i cui capi erano distribuiti sul territorio nazionale (tra Catania, Roma, Napoli, Salerno e Trapani) ed all'estero in Inghilterra, Germania e Tunisia, che come principale finalità aveva la distribuzione ad un numero incommensurabile di utenti, in ambito nazionale ed internazionale, di palinsesti live e contenuti on demand protetti da diritti televisivi, di proprietà delle più note piattaforme televisive tra cui Sky, Dazn, Mediaset, Amazon Prime e Netflix, attraverso il sistema delle Iptv illegali con profitti mensili per molti milioni di euro.



Nelle conversazioni tra gli associati si evidenzia la loro consapevolezza di essere una vera organizzazione criminale: «Ormai siamo un'organizzazione, c'è un boss, 5 capi decine». Così come vi è risolutezza nel dirimere eventuali contrasti anche con azioni violente nei confronti di chi non si adegua alle direttive dei vertici nonché l'indicazione di «tenere un basso profilo» per non esporre a rischi anche gli altri consociati. Per eludere le indagini, gli indagati hanno fatto uso di applicazioni di messaggistica crittografata, identità fittizie e documenti falsi; questi ultimi sono stati utilizzati anche per l'intestazione di utenze telefoniche, di carte di credito, abbonamenti televisivi e noleggio di server. Inoltre diversi indagati, nonostante la conduzione di uno stile di vita agiato, grazie ai proventi illeciti, sono privi di reddito e di proprietà mobiliari ed immobiliari e tale status ha permesso anche l'indebito percepimento di indennità di sostegno sociale. Le indagini non sono ancora terminate: in questa fase, hanno riguardato coloro che rivestono i ruoli apicali dell'organizzazione nonché i rivenditori dei pacchetti tv ma nel prosieguo si identificheranno i fruitori dei servizi illegali.

 

 

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Il Mattino