Avevano un fatturato di 80 milioni di euro ed un organico di 250 lavoratori. Una linea di credito aperta presso dodici banche ma, da un giorno all’altro, si sono ritrovati...
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Tutto ha inizio con l’entrata in vigore dell’accordo Basilea 2 (nel 2008) quando vengono introdotte nuove norme che prevedono, per le aziende, l’obbligo di avere una certa liquidità in cassa.
All’imprenditore viene proposto da un piccolo istituto di credito con il quale aveva rapporti finanziari, di accedere ad un mutuo di dodici milioni e mezzo di euro per acquistare i diritti di proprietà della struttura di Celano, in Abruzzo, da Mps Leasing e di poter godere di 8 milioni e 500mila euro in contanti. Ruggiero si lascia convincere ma, quando si avviano tutte le pratiche, viene contattato da Unicredit che si propone per l’operazione mutuo e offrire maggiori garanzie. Trattandosi di un istituto molto più grande, l’imprenditore non può che accettare. Partner della Unicredit in questa operazione, diventano la Carispac e Banca Toscana. Ma le cose non vanno come dovrebbero: Banca Toscana viene assorbita da Mps che inizia a protestare per il tentativo di acquisto dell’azienda abruzzese da Mps Leasing e, nonostante Carispac avesse segnalato alla Centrale rischi l’operazione, la stessa non va in porto. Nonostante tutto Ruggiero si vede addebitare sul conto corrente Unicredit interessi di centinaia di migliaia di euro per un mutuo che non ha mai avuto. Contestualmente il mercato dell’alluminio subisce un brutto crac: il prezzo scende e l’alluminio che la Vepral aveva acquistato in Egitto ad un certo prezzo, viene svalutato, le vendite devono essere effettuate a prezzi più bassi e l’azienda va in affanno. È allora che tutte le banche gli tolgono la linea di credito e gli interessi richiesti dalla banca diventano insopportabili, di tasso usuraio, hanno ritenuto i consulenti della Procura e dell’imprenditore, tanto da convincere il gip Marilena Albarano a verificare il tutto in dibattimento. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino