SAN VALENTINO TORIO - Si era inventata tutto. Aveva accusato il suo compagno di violenza sessuale, facendolo finire in carcere a Vallo della Lucania, nella sezione per i detenuti...
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La vicenda prende piede nel maggio scorso, il 10 precisamente, quando i carabinieri della stazione di San Valentino ricevono una richiesta d’aiuto da una donna. Quando i militari riescono ad entrare nell’appartamento, notano che la porta della camera da letto è chiusa a chiave. Riescono a farsi aprire e trovano una donna a letto, con gli slip ancora indosso e i jeans quasi calati del tutto. Era una straniera, bulgara, che davanti ai carabinieri accusa il compagno - in quel momento presente - di violenza sessuale. Un tentativo più che altro, non riuscito per la sua resistenza, secondo il racconto.
I militari a quel punto ammanettano l’uomo, nonostante lui neghi tutto. Da un rapido controllo effettuato sulla sua posizione, viene scoperto che il 46enne era sottoposto al divieto di avvicinamento a quella casa, in virtù di un precedente per maltrattamenti verso quella che ufficialmente era la sua compagna. Il provvedimento gli era costato anche una custodia cautelare. Circostanze a lui non favorevoli, con il trasferimento in carcere e la procura che dopo qualche mese, arrivò a chiudere l’indagine. L’uomo continuò a difendersi anche davanti al gup, che però decise per il rinvio a giudizio. È quando si arriva al dibattimento che le cose cominciano a mutare. Quando la donna si presenta in udienza per testimoniare viene incalzata dalla difesa. In particolare, su di un segno riconducibile ad un morso trovato sulla gamba di lei, durante quel litigio con l’ex compagno.
Fu quello il motivo che diede origine ad una discussione tra i due: una reazione di gelosia unita agli «sberleffi» che la donna avrebbe rivolto al compagno. Questo quanto sostenuto dall’imputato ai giudici, che riscontrano poi diversi tentennamenti nel racconto della vittima, tra imprecisioni e fatti che si contraddicono tra di loro. Fino alla confessione, che spinge la stessa a negare la violenza sessuale, giustificata probabilmente dalla foga del momento, e a sostenere che quel segno lasciato sulla gamba era il frutto di un’altra relazione. Motivi più che sufficienti per decidere per l’assoluzione del 46enne, già scarcerato in precedenza dietro istanza del legale difensore. Al termine del processo, il presidente del II collegio, Francesco Paolo Rossetti, ha rimandato gli atti del fascicolo al sostituto procuratore. La donna rischia infatti un’accusa per calunnia. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino