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Come un cane che si morde la coda in un sistema che spesso lascia «buchi nella rete». Si accendono nuovamente i riflettori sulla gestione dell'emergenza a Salerno e provincia, dopo i tragici episodi di martedì avvenuti in pieno centro. Due decessi in pochi minuti e a distanza di pochi metri: prima sul lungomare, poi sul corso principale della città. Due uomini muoiono in strada e le domande, i dubbi e le polemiche si fanno sempre più pesanti ed insistenti soprattutto sulla presenza dei defibrillatori in città.
È l'Udicon a intervenire per prima sulla questione e ad avviare la riflessione: «Bastava l'utilizzo di un defibrillatore nei primi 5 minuti - aveva scritto la presidente Anna Della Mura - nei pressi del lungomare (zona portuale) ci sono due defibrillatori posizionati a disposizione dei turisti che approdano via mare ma nessuno lo sa, riteniamo sia necessario installare gli apparecchi salvavita in piazze e luoghi strategici di passaggio della città, tanto da essere facilmente raggiungibili e identificabili in caso di malori improvvisi di passanti in strada». Il punto è chiaro, anzi i punti: dal lungomare alla Stazione marittima, dal porto turistico al porto commerciale e anche in piazza della Concordia, i defibrillatori ci sono e sono stati tutti posizionati (circa venti) dall'Autorità di sistema portuale, mentre qualcun altro (ad esempio in piazza San Francesco) dalle associazioni che hanno donato i dispositivi alla città. Ma chi sa e può utilizzarli? Esiste una mappa che indichi il reale posizionamento dei dispositivi salva-vita? Le domande sorgono spontanee. Se alla prima a rispondere (in parte) è il presidente dell'Humanitas Salerno Roberto Schiavone, che ieri mattina ha inviato una lettera al sindaco Enzo Napoli e al comandante della municipale per offrire gratuitamente formazione, alla seconda sembra rimanere il punto interrogativo.
«La città ne è sguarnita nei punti nevralgici, anzi molti non conoscono dove sono posizionati quelli donati dal sistema portuale ma il Comune dovrebbe prevederne almeno tre in punti strategici, sul corso e precisamente nella zona dove ieri è deceduto l'uomo - sottolinea Schiavone - non ce ne sono, solo qualche privato o qualche farmacia potrebbe averlo ma è impossibile saperlo. Bisogna fare anche un'altra riflessione: manca la formazione. I vigili urbani non sono adeguatamente formati per l'utilizzo dei sistemi Blsd e neanche per quanto riguarda il primo soccorso.
La Croce Rossa invece fu impegnata nella formazione ai Carabinieri sull'utilizzo dei dispositivi che - in ogni caso - rimangono obbligatori a bordo delle ambulanze. È sul sistema dei soccorsi in generale che si apre una voragine: «Si sta facendo acqua da tutte le parti - dichiara Schiavone - un'ambulanza ora (ieri per chi legge ndr) è ferma al pronto soccorso. Siamo allo sbando totale, c'è una falla nel sistema. La Croce Rossa in pieno centro, ad esempio, se è impegnata su un intervento o se è in fila al Ruggi in attesa di lasciare un paziente non può prendere chiamate e dunque dovrà arrivare qualcuno da Pontecagnano, Baronissi, Fisciano e così via». Conferma che arriva anche da un operatore della Misericordia: «Sono ancora in fila al pronto soccorso, perché qui non hanno barelle, resto in attesa e ho appena dovuto rifiutare un intervento in città - evidenzia l'uomo - è dall'alto al basso che non c'è rete. Così come non c'è chi è formato per utilizzare i defibrillatori, non c'è un'organizzazione che ci permetta di aiutare tutti».
Il Mattino