Killer delle prostitute, condanna definitiva a 30 anni: «Il crimine come scelta di vita»

Due ragazzine uccise, il corpo delle vittime ritrovato anche a distanza di giorni dal delitto

Dovrà scontare oltre 30 anni di carcere Carmine Ferrante, il 42enne muratore di Vietri sul Mare, condannato in via definitiva per l’omicidio della romena Mariana...

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Dovrà scontare oltre 30 anni di carcere Carmine Ferrante, il 42enne muratore di Vietri sul Mare, condannato in via definitiva per l’omicidio della romena Mariana Szekeres, delitto consumato a Salerno, e della bulgara Nikolova Temenuzhka, avvenuto a Pagani. La Cassazione non ha ravvisato gli estremi per una continuazione dei reati, dichiarando inammissibile il ricorso della difesa. Partendo da un presupposto, e cioè che non sia possibile una rilettura «alternativa delle fonti probatorie» come era stato chiesto nel ricorso.

La 19enne romena fu uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2016, nella periferia di Salerno. Mentre la bulgara, Nikolova, tra il 12 e il 13 agosto 2016 a Pagani. Entrambe sarebbero morte strangolate. L’uomo ottenne una riduzione per solo uno dei due procedimenti. «Secondo il giudice dell’esecuzione - spiega la Cassazione in apposita ordinanza - dalla lettura delle sentenze di condanna, non era possibile affermare che fosse sussistente il medesimo disegno criminoso, posto che non erano ravvisabili elementi sintomatici del fatto che Ferrante, nel momento in cui aveva iniziato a porre in essere la prima condotta accertata, avesse già preventivato di commettere anche gli ulteriori e successivi reati». Per i giudici ci sono «indici sintomatici non di attuazione di un progetto criminoso unitario quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti». L’uomo era difeso dai legali Agostino De Caro e Bernardina Russo. Per il delitto di Salerno, Ferrante fu individuato grazie a indagini specifiche, che accertarono la sua presenza sul luogo della scomparsa della ragazza, quella notte. 


In base all’analisi dei tabulati telefonici «fu possibile ritenere - emerse dalle carte processuali - che l’uomo, nelle ore precedenti i fatti, avesse effettuato un sopralluogo perlustrativo dei luoghi, e ciò sarebbe comprovato dagli orari di aggancio delle celle. Tale dato lascia presumere che Ferrante abbia spento il proprio telefono nell’arco temporale durante il quale va collocata la morte di Mariana, intorno alle 24 del 30 aprile 2016». Il corpo della giovane fu trovato 16 giorni dopo la scomparsa, in via dei Carrari. Del liquido seminale fu prelevato dalle parti intime. Il movente restò sconosciuto. A pesare in termini indiziari per il 42enne, fu anche il rifiuto di fornire un campione biologico dopo la scoperta di quelle tracce. Per il delitto di Pagani, invece, l’auto di Ferrante fu individuata nei luoghi dove la donna era scomparsa. Ad incastrarlo furono delle tracce ritrovate su orecchini e un bracciale nelle disponibilità della vittima, a lui riconducibili. E le testimonianze di due donne, che riferirono, attraverso un identikit, di aver visto l’uomo, quella sera, in compagnia della vittima. Per il 42enne, dunque, non ci sarà continuazione tra i reati. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino