PONTECAGNANO - «Quei dieci, dodici minuti sono stati i più lunghi della mia vita». Parla del tempo che il suo amico Checco ha trascorso sommerso da un...
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Sono le 13. 15 di un assolato sabato di gennaio. Rinaldi, insieme con l’amico salgono in cima. Traiettorie strette lui, curve più larghe l’altro. La montagna è loro, ma qualcosa va storto. «Mentre scendevamo – racconta Rinaldi – la slavina ci ha colto di sorpresa alle spalle». Neanche il tempo di rendersi conto di cosa stesse accadendo che, prima Checco, poi lui, vengono investiti da una «neve gessosa che sembrava cemento». Possibilità di fuggire non ce n’è. La potenza e la furia della natura gli portano via uno sci. Tenta di divincolarsi, riuscendoci solo in parte perché immobilizzato. «La sensazione che ho provato è come se qualcuno mi abbracciasse con forza». Muovendo braccia e gambe trova un varco. È libero. Intanto, prima che Rinaldi fosse travolto dalla valanga, questa sotterra Checco che lancia un urlo. L’avvocato, originario di Pontecagnano, lo sente. «Riesco a togliermi l’unico sci – continua – e ho risalito la montagna per oltre tredici metri». L’unico pensiero è salvare Checco. Attiva l’Arva, il dispositivo di localizzazione. Segue il bip e, in lontananza, vede due gambe fuoriuscire dalla coltre bianca. «Si agitava» – ricorda rabbrividendo. Gli abbraccia gli arti inferiori per fargli capire subito che era stato localizzato. «Questa cosa, a salvataggio avvenuto, è stata fondamentale per non farlo mollare, mi ha detto il mio amico». È una corsa contro il tempo: la testa è sotto la neve. In lontananza, alcuni maestri di sci, impegnati con la preparazione di una pista per allenamenti, capiscono cosa sta succedendo e allertano i soccorsi via radio. «Dopo due o tre minuti – dice – giungono sul luogo dell’incidente, prima gli addetti alle piste con le motoslitte, poi il soccorso alpino di polizia e guardia di finanza». Lui indica loro il punto esatto dove scavare. Prima con le pale, poi a mani nude per non rischiare di ferire l’amico alla testa. Checco viene estratto. «Sembrava morto – commento – in volto era nero, cianotico». I soccorritori lo rianimano con un massaggio cardiaco. Le sue condizioni sono stabili. Viene trasportato all’ospedale di L’Aquila. Lì, rimarrà fino a tarda sera, quando proprio Rinaldi lo raggiunge per riportarlo a Roccaraso. Sta bene. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino