Lanciò la figlia dalla finestra, la moglie va a trovarlo in cella

Il gesto del 40enne segno di una psicosi latente

Lanciò la figlia dalla finestra, la moglie va a trovarlo in cella
Si sono incontrati il papà che lo scorso 30 ottobre ha lanciato dalla finestra di casa la figlioletta di 2 anni e la mamma della piccola, fortunatamente salva sebbene abbia...

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Si sono incontrati il papà che lo scorso 30 ottobre ha lanciato dalla finestra di casa la figlioletta di 2 anni e la mamma della piccola, fortunatamente salva sebbene abbia avuto bisogno di un intervento chirurgico per ridurre la frattura all’omero. Mercoledì, nel carcere di Bellizzi Irpino dove l’uomo è detenuto per il tentato omicidio della bambina, i due coniugi si sono incontrati dopo quanto accaduto. Cosa si siano detti moglie e marito rimane un colloquio privato tra due persone che non hanno smesso di amarsi sebbene travolte da una tragedia che non trova spiegazioni se non nel fatto che il gesto del 40enne sia frutto di un forte malessere, una psicosi latente che si è manifestata all’improvviso.

Che la donna, dopo essere stata al capezzale della figlia nei giorni di ricovero all’ospedale Santobono a Napoli e continuando ad occuparsi principalmente del benessere psicofisico della figlioletta (il giudice minorile ha disposto l’affidamento congiunto a mamma e nonno paterno), avesse intenzione di preoccuparsi anche dello stato di salute del marito e capire le problematiche psichiatriche che hanno indotto l’uomo a compiere quel gesto, è apparso chiaro sin dalle sue prime parole. 

Poche frasi, affidate all’avvocatessa Ersilia Trotta (che la sta seguendo per una serie di adempimenti legali), che avevano fatto comprendere come avrebbe continuato ad occuparsi, per quanto possibile, del marito. E preoccuparsi del suo stato di salute. Principalmente di ciò che è accaduto nella mente dell’uomo essendo sempre stato «un padre esemplare, affettuoso con la piccola e con tutta la sua famiglia, con un rapporto ottimo con la figlioletta» perché di una cosa la donna appare certa: «il marito, in quel momento, non era in sé».

Del resto per gli stessi difensori di G.D.A., gli avvocati Silverio Sica e Tommaso Amabile, si tratterebbe di un «caso psichiatrico chiarissimo, un deliro di tipo psicotico». Durante l’interrogatorio, infatti, l’accusato ha prima negato gli addebiti e poi, all’improvviso, ha cambiato versione raccontando l’accaduto e le voci che sentiva da giorni: «ho sentito la voce di Dio che mi ha detto di farlo. Anche nei giorni precedenti sentivo quella voce, che però non ho assecondato» aggiungendo anche di essere «consapevole che la piccola poteva morire, ma che confidando in Dio sapeva che si sarebbe salvata». Nei giorni successivi, a colloquio con gli avvocati, G.D.A non ricordava nulla, in una sorta di stato confusionale (dovuto probabilmente anche a farmaci) non ricordando neanche di essere stato in tribunale e di aver ammesso al giudice di aver lanciato la figlia dalla finestra. E proprio per chiudere il cerchio dell’inchiesta, il pm Roberto Lenza ha nominato un consulente psichiatrico per una perizia. Qualche giorno prima dell’episodio, l’uomo era stato visitato: era convinto che qualcuno volesse fare del male alla figlia.  

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Il Mattino