«Ogni disco rappresenta una ricerca, il raggiungimento di una nuova consapevolezza ed è per questo che ogni mio lavoro è così diverso da quello...
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Il suo pubblico, quello che lo ha applaudito nel 2011 al Negro Festival, a Pertosa, o nel 2015, a Scario, lo attende nel cuore della city, pronto a cantare le canzoni che hanno scalato le classifiche nazionali. Musica impegnata ma senza prendersi troppo sul serio: ecco la ricetta vincente del cantautore romano, riuscito ad unire diverse generazione sotto il vessillo delle note made in Italy. Dal vivo non dovrebbero mancare canzoni come «Babalù», «Arca di Noè», «Il bar della rabbia» e «Svegliatevi italiani». Focus sugli ultimi brani di un lavoro al primo posto della classifica Fimi, confermando la grande attenzione per un artista, che riesce ad essere nazionalpopolare con una ricerca rigorosa che lo ha portato a realizzare un progetto controcorrente nella sua genuina verità. Un intento non certo facile da raggiungere, ma centrato, come dimostra anche il seguito di Mannarino: su Spotify ha superato i tre milioni di streaming, ed ha venduto quasi cinquantamila biglietti, solo nella prima parte del tour.
«Con “Apriti Cielo” ho voluto continuare il discorso con cui avevo concluso il disco precedente - spiega il cantautore capitolino - e immaginare cosa ci fosse al di là del monte. È stato ispirato dai molti viaggi che ho fatto in questi ultimi anni, soprattutto in Sud America: di questi luoghi apprezzo molto la concezione della musica, considerata come un qualcosa che serve a comunicare con il corpo e arriva prima lì e poi alla testa. Il mio intento, quindi, è quello di unire la scrittura a ritmi che invitino a ballare». Un invito che, dal vivo, diventa realtà. «Rispetto al disco che è pura creatività - avverte - il live è qualcosa di più, perché il rapporto con ila gente è istantaneo. C’è empatia, nei miei concerti si danza molto». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino