I venticinque milioni di euro a disposizione dalla Regione per sostenere il commercio a posto fisso e ambulante e le attività artigianali, non sembrano sufficienti per...
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Che fine hanno fatto le botteghe? E i nomi storici del commercio? «Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una desertificazione senza precedenti – spiega Roberto Rispoli dell’omonima merceria – Questa estate avevamo deciso di chiudere. Poi, anche sollecitati dalle tante richieste di clienti che ci pregavano di resistere, abbiamo cambiato idea e stiamo provando a diversificare l’attività. Puntiamo su artigianato, riparazioni e piccola sartoria, abbandonando merletti e passamaneria che oggi non interessano più a nessuno. Ma è veramente difficile. Il centro storico è abbandonato. Il Comune è purtroppo assente. C’è spazzatura ovunque e auto e moto parcheggiate dappertutto, che spesso ostruiscono l’ingresso alle attività commerciali o ai portoni. Bisogna essere onesti, l’amministrazione ha scelto di puntare su altre zone della città e questo è il risultato. Serrande chiuse e tante difficoltà». Non la pensa tanto diversamente Vincenzo Spirito, titolare di una pelletteria storica di via Mercanti: «Il commercio oggi è zero. Tante attività stanno smantellando, in particolare quelle a conduzione familiare che ormai sono distrutte. Ogni tanto registriamo qualche nuova apertura: o sono mordi e fuggi, oppure padri che hanno fatto sacrifici e che tentano di sistemare i figli senza lavoro. Ma è un sistema malato. Che peggiora: credo che negli ultimi cinque anni abbiamo toccato il fondo. Meno male che ci sono le Luci. Almeno portano un po’ di persone. Ma anche questo è un progetto che andrebbe ripensato. Dopo che succede?». Testimone di un progressivo spegnimento del centro storico, Carlo Amic, anima del negozio di calzature Nami: «Il centro storico rischia di morire. Non c’è nessun buon motivo per cui le persone dovrebbero venire. Non c’è lavoro, non c’è imprenditoria. Si vive di stipendi, per chi ce li ha, e le persone non arrivano a fine mese. Prima le cose erano diverse perché noi commercianti sopravvivevamo grazie alla provincia. Ma oggi si sono giustamente attrezzati tutti. In via Mercanti dovrebbero tornare i negozi di qualità. Questa è l’unica strada per riappropriarsi di un’identità». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino