SALERNO - Cooperazione nel delitto colposo e lesioni personali aggravate dalla circostanza che si poteva verificare la morte della vittima. Contestazioni gravi rivolte dal...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Ma ricostruiamo esattamente la vicenda. La mamma del piccolo era stata seguita dal reparto di gravidanze a rischio durante la gravidanza a causa di due precedenti aborti spontanei causati da una incompatibilità dei gruppi sanguigni tra lei e suo marito. Incompatibilità che oggi, secondo quanto poi riferito dai periti dei due genitori, può essere superata con una trasfusione intrauterina: in pratica basta cambiare il sangue nel corpicino dei feto attraverso il cordone ombelicale. Cosa che, invece, non sarebbe stata eseguita nonostante tutti, nel reparto, fossero a conoscenza dei problemi della donna. «Nel contempo - si legge nella denuncia - le analisi ematiche effettuate presso il laboratorio Cavallo attestavano che la paziente era in buono stato e non vi era nulla di anomalo, anche per quanto concerne la isomunizzazione». Eppure il test specifico che avrebbe attestato l’esistenza di problemi dava esito positivo. Secondo i periti della Procura, i medici Giovanni Zotti e Giuseppe De Masellis, i test eseguiti dal laboratorio sarebbero invece risultati «falsamente negativi». Il 30 giugno del 2015, alle 11.49, nasce il piccolo, con parto cesareo e va in arresto cardiaco. Secondo quanto diagnostico dai medici del reparto di terapia intensiva neonatale, per una «gravissima anemia in utero». Ma soltanto alle 20.30 i sanitari del Ruggi contattano il Monaldi per il suo trasferimento a seguito di un peggioramento. Il piccolo viene autorizzato a lasciare l’ospedale salernitano soltanto alle 2.30 della notte. Una volta al Monaldi, gli è stato cambiato completamente il sangue, e il piccolo è stato riportato alla vita.
Per la Procura il Petta «a fronte del ricovero della donna e in considerazione dell’esito dell’esame diagnostico risultato positivo, con l’identificazione di specifici anticorpi ant D, non avrebbe indicato il corretto indirizzo diagnostico per il controllo della salute del feto». La Musone, invece, si sarebbe affidata ai soliti esiti dei quattro test di Coombs indiretti negati portati dalla paziente ed eseguiti presso il centro Cavallo «omettendo - si legge - di adottare un comportamento diagnostico specifico per controllare l’andamento dell’isoimmunizazine materno-fetale facendo eseguire nuovi test» e quindi «avrebbe omesso di effettuare una flussimetria dell’arteria cerebrale che avrebbe consentito di evidenziare la progressione e il peggioramento del quadro clinico del feto e della mamma». Cavallo, invece, avrebbe fornito «quattro erronei esiti negativi alla cliente» a causa di una errata interpretazione dei test impedendo poi al medico di avere un quadro clinico esatto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino