«Boss-politici, patto mafioso sul voto alle elezioni comunali»

«Boss-politici, patto mafioso sul voto alle elezioni comunali»
«A Nocera Inferiore esisteva una struttura organizzata e verticistica che faceva capo ad Antonio Pignataro. Il boss voleva recuperare l'egemonia di un tempo, entrando...

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«A Nocera Inferiore esisteva una struttura organizzata e verticistica che faceva capo ad Antonio Pignataro. Il boss voleva recuperare l'egemonia di un tempo, entrando nel mondo della politica e dell'imprenditoria, incidendo anche sulle elezioni e diventare un'alternativa allo Stato». Sono 86 gli anni di carcere chiesti dalla Dda di Salerno - sostituto Guglielmo Valenti - nella requisitoria di ieri, valida per il processo Un'altra storia. Sullo sfondo un presunto patto tra camorra e politica durante le elezioni del 2017.

La sentenza arriverà il 1° ottobre. L'Antimafia ha chiesto condanne per buona parte degli imputati: 16 anni per Antonio Pignataro, 7 anni per l'ex vicesindaco Antonio Cesarano e l'ex candidato al consiglio comunale Carlo Bianco; 10 anni per Ciro Eboli, altro candidato, e Luigi Sarno; 8 anni per Pasquale e Rosario Avallone, Domenico Orsini e Guerino Prudente. Questi ultimi ritenuti interni al clan Pignataro. Infine, 1 anno e 6 mesi per Francesco Gambardella e Gerardo Villani ed 1 anno e 8 mesi per l'ex consigliere comunale Nicola Maisto. Queste ultime tre posizioni riguardano il solo fenomeno di corruzione elettorale. In circa due ore di discussione, il pm ha ripercorso la carriera criminale del camorrista Pignataro. «Il gruppo intorno a lui - ha spiegato - era ristretto e si muoveva in un contesto sociale dove tutti sapevano chi fosse. Intorno aveva sempre qualcuno, per agire e per dare consigli. Il controllo del territorio era evidente, al punto da costringere chi sbagliava a togliersi il cappello sotto casa sua». L'accusa cita sentenze, deposizioni di ex boss, richiama episodi (il ritiro di denunce, l'interesse in settori dell'imprenditoria, la rabbia per il pestaggio del figlio di Pignataro), così come le elezioni del 2017 a Nocera Inferiore.


Il cuore del processo, con l'ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso provata - per la Dda - alla fine del dibattimento. «È il piatto preferito del gruppo, la portata principale. L'accordo c'è stato, tra Bianco, Pignataro, Eboli e Cesarano. Si registrano reciproche promesse tra loro, fondate sui principi di accordo, fama criminale e consapevolezza. È inverosimile - ha aggiunto - pensare che la costruzione di una mensa a Montevescovado fosse legata a scopi umanitari. Parliamo di personalità non dedite certo al bene altrui». L'ipotesi della Dda è che Pignataro si sarebbe speso per raccogliere voti in favore di Eboli e Bianco per ottenere, poi, l'avvio dell'iter di costruzione del progetto di una mensa per poveri, rappresentato da una delibera di indirizzo della giunta comunale.

A riguardo, il pm ha citato diverse intercettazioni dove il gruppo si sarebbe speso per il progetto. Dall'associazione mafiosa vengono esclusi Cesarano, Bianco e Carmine Afeltra, per i quali il pm ha chiesto assoluzione, mentre non luogo a procedere per il parroco Alfonso Santoriello e l'ex candidato Mario Stanzione. Stessa richiesta per Mirko e Rocco Sileo e Pio Sarno. Un passaggio, infine, il pm lo fa sulla presunta compravendita di voti durante le elezioni del 2017 a Nocera: «Ci fu corruzione elettorale, è un dato pacifico». Poi sulla posizione dell'ex consigliere Nicola Maisto: «Non emergono contatti tra lui e chi raccolse voti in cambio di soldi. Allo stato gli elementi per una condanna sarebbero insufficienti». Tuttavia, il pm cita un elenco di nomi ritrovato sul telefono cellulare di Maisto, in cui figurano due imputati coinvolti nella corruzione elettorale. Il 24 settembre e il 1 ottobre prossimo discuteranno le difese, prima della sentenza.

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Il Mattino