Concorso in omicidio con l'aggravante del metodo camorristico e reati di armi. È questa l'accusa che la procura di Salerno ha contestato a Giuseppe Cipriano quando,...
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Cinquantadue anni, di Scafati, Cipriano avrebbe speso gran parte della sua vita nella gestione di sale cinematografiche. Sarebbe stata, dunque, proprio questa sua attività a legarlo al comune di Pollica. Ad Acciaroli, nella zona interna del porto, negli anni dell'amministrazione Vassallo, gestiva il cinema che si trova a pochi passi dal ristorante il Rosso e il mare di proprietà della famiglia del sindaco-pescatore. Proprio l'attività di famiglia sarebbe stata anche tra le piste seguite dagli inquirenti assieme a controversie sulla gestione dei locali della zona e screzi di paese.
Non solo Romolo Ridosso ma anche Alfonso Loreto e il padre Pasquale, quando nel 2016 decisero di diventare collaboratori di giustizia, avrebbero iniziato a parlare dei rapporti del proprio gruppo con il Cilento. Rapporti tenuti insieme dagli affari del cartello criminale legati al mondo dello spaccio della droga con alcune zone a sud della provincia, in particolare quelle tra Casalvelino e Acciaroli. Un legame emerso nel corso delle indagini e delle migliaia di intercettazioni ambientali e telefoniche disposte negli anni successivi alla morte del sindaco pescatore.
Proprio la lotta allo spaccio sul porto di Acciaroli da parte del primo cittadino di Pollica, trucidato la notte tra il 4 e il 5 settembre del 2010, mentre rientrava a casa, è sempre stata al centro dell'attenzione degli inquirenti. Tant'è che la procura di Salerno ha tenuto iscritto nel registro degli indagati per ben otto anni, prima di chiedere l'archiviazione, uno spacciatore salernitano che era ad Acciaroli in quel periodo, Bruno Humberto Damiani. Per otto lunghi anni il giovane, soprannominato «il brasiliano» per le sue origini, è stato il principale indagato: a lui gli inquirenti arrivarono poche ore dopo il ritrovamento del cadavere di Vassallo ma lo stube e le ripetute prove del Dna lo hanno sempre scagionato: test alla mano, il giovane non sarebbe stato mai sul luogo dell'omicidio. Indagato numero uno, il più noto, ma non l'unico. Negli atti di quel periodo, difatti, il nome di Damiani è sempre stato accostato «ad altri». Tre persone, sulla sua identità c'è sempre stato riservo. Damiani - stando al racconto di alcuni testimoni - avrebbe avuto una discussione violenta con Vassallo proprio per la sua attività di spaccio ma lui ha sempre negato. «Ho scoperto una cosa che non avrei mai voluto scoprire»: è questa l'unica traccia lasciata da Angelo Vassallo prima di morire e, da sempre, rompicapo per gli investigatori. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino