Rinviati a giudizio per omicidio colposo tre medici e due infermiere dell'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona. Il processo è stato...
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Sotto processo, per la morte di Antonia Avallone avvenuta nell'agosto 2012, sono finiti il direttore del reparto donne di Medicina generale, Dario Caputo; il dirigente medico sempre di Medicina donne, Maria Teresa De Donato (entrambi difesi dall'avvocato Silverio Sica); il direttore del reparto di Ortopedia, Antonino Valente; e le infermiere, Michela Mazzuolo e Giuseppina Forino (difese dall'avvocato Stefania Lorica). La donna deceduta fu sottoposta, nell'estate del 2012, ad un intervento chirurgico al femore. Ci furono delle complicazioni a livello infettivo ma fu, secondo le accuse, ugualmente dimessa (il 13 agosto 2012) e trasferita in un centro privato per la riabilitazione necessaria dopo interventi agli arti.
Dopo pochi giorni la donna morì. A parere della procura salernitana, che aprì un'inchiesta giudiziaria in seguito alla denuncia dei familiari della vittima, le cause della morte dell'anziana sarebbero da attribuire alle complicazioni nate in seguito all'intervento chirurgico e alle cure poco attente di medici e infermieri a cui la paziente era stata affidata. Di diverso parere la memoria difensiva del dottor Caputo (che ha anche fatto presente che in quel periodo, e cioè dall'1 agosto, era in ferie) dove si legge che i medici del Ruggi si sono attenuti scrupolosamente alle direttive di due colleghi infettivologhi. Questi ultimi, però, non sono finiti sotto processo: evidentemente la magistratura salernitana ha escluso le loro responsabilità. Gli imputati si sono difesi facendo anche presente le condizioni di salute pregresse della donna: oltre all'età, era diabetica, ipertesa e con una insufficienza arteriosa.
Ma per i familiari della donna, che dopo la sua morte si sono rivolti agli inquirenti per avere giustizia, nessuna di queste patologie avrebbe portato alla morte la congiunta se curata bene. Tutte argomentazioni, sia dell'accusa che della difesa, che saranno vagliate in modo approfondito durante il dibattimento. In quella fase saranno ascoltati periti di parte e testimoni: cosa che il gup Perrotta, in fase di udienza preliminare, non avrebbe potuto fare dovendo giudicare sugli atti in suo possesso e non sulle testimonianze e prove raccolte direttamente. Così come avviene in dibbattimento. Del resto, difronte ad argomenti tanto delicati (come quello della salute), l'approfondimento giudiziario è più che lecito per evitare di commettere errori. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino