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Quando si è presentato a casa, con il volto tumefatto ed ha raccontato di essere stato aggredito da alcuni coetanei sconosciuti, la mamma non ci ha pensato su più di tanto: ha preso l’auto ed ha portato il figlioletto di soli 14 anni al pronto soccorso dell’azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. Qui i sanitari gli hanno refertato contusioni dichiarate guaribili in trenta giorni e con quel referto la donna, nella tarda mattinata di ieri, è andata dai carabinieri a presentare un esposto contro ignoti. Il pestaggio, secondo quanto raccontato dalla donna ai militari del capitano Antonio Corvino, sarebbe avvenuto intorno alle 20.30 di sabato nei pressi di piazza Libertà, nuovo luogo di ritrovo della movida giovane. I carabinieri sono ora a lavoro per individuare i responsabili.
Secondo quanto riferito dal 14enne, sarebbe stato avvicinato e picchiato da un gruppo di ragazzini che non conosceva, semplice il motivo: si sarebbe permesso di guardare una coetanea. La ragazza faceva parte di un altro gruppo. I suoi amici, o forse il suo fidanzatino della giovane, nell’ottica del branco, si sarebbero infastiditi di quello sguardo di ammirazione e avrebbero reagito picchiando il responsabile. Qualcuno dei suoi amici avrebbe anche provato a difenderlo e sottrarlo all’aggressione, inutilmente. Per il 14enne la serata si è conclusa così, tumefatto di botte. Ed ha preferito rientrare a casa dove i genitori si sono immediatamente presi cura di lui.
Sono partite subito dopo la denuncia della madre della vittima. Sul posto mancano ancora le telecamere, nonostante le risse avvenute già due anni fa in quella zona, ma i militari del capitano Corvino stanno visionando alcuni filmati di impianti privati che coprono la zona ed hanno anche sentito la vittima e i suoi amici. Del resto quella zona è luogo di ritrovo abituale sempre degli stessi gruppi. Un dettaglio, questo, importante per circoscrivere il campo delle indagini. Qualche ragazzino sarebbe già stato individuato. Ora si cerca di ricostruire esattamente quanto accaduto.
È quello di un sabato sera qualunque in qualsiasi città, grande metropoli o piccolo centro: ragazzini che si incontrano, scendono armati oppure sono divisi in bande.
L’Osservatorio Nazionale sull’adolescenza, istituito presso il Ministero della famiglia, la scorsa estate ha diffuso dati inquietanti: il 6,5% dei minori fa parte di una banda, il 16% ha commesso atti vandalici, 3 ragazzi su 10 hanno partecipato ad una rissa. Dati che, in larga misura, sono stati confermati la settimana scorsa, nel corso del convegno a corredo del progetto «Connessioni» dal giudice del tribunale per i minorenni di Salerno, Giovanfrancesco Fiore. Hanno comportamenti prepotenti ed arroganti, spesso interrompono il percorso di studio, rifiutano le regole ma poi entrano in una baby gang che di regole ne ha, anche parecchie. Questi gruppi spesso si ispirano ai modelli delle bande sud americane, costituendosi con un leader carismatico e dei seguaci che sotto il suo comando colpiscono i coetanei che percepiscono vulnerabili. Il gruppo attira coetanei e coetanee che vivono in forti situazioni di disagio psicologico, con sentimenti di rabbia che si sviluppano in contesti multiproblematici.
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