Ripascimento spiagge a Salerno, è giallo sui materiali: Penna rifiutò indagini

Ripascimento spiagge a Salerno, è giallo sui materiali: Penna rifiutò indagini
È stato il giudice monocratico del Tar di Salerno, la scorsa primavera, ad inviare gli atti in procura e dare così il via ad un’inchiesta che si è poi...

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È stato il giudice monocratico del Tar di Salerno, la scorsa primavera, ad inviare gli atti in procura e dare così il via ad un’inchiesta che si è poi scissa in due diversi filoni investigativi: l’uno sul ripascimento del litorale salernitano, l’altro sui rapporti tra il sostituto procuratore Roberto Penna ed alcuni imprenditori. Inchieste, entrambe, ora coordinate dalla procura di Napoli. E questo perché c’è un magistrato coinvolto e la competenza deve essere di un diverso ufficio giudiziario. I due procedimenti, difatti, sono strettamente collegati tra di loro in quanto il magistrato, ora indagato, si sarebbe rifiutato di seguire quelle indagini richieste dal giudice amministrativo sul materiale utilizzato per realizzare l’opera. Il Tar, difatti, nell’accogliere il ricorso della società C.E.M e decretare la sospensiva, aveva ravvisato nella questione postagli alcuni elementi di rilevanza penale e tramesso così gli atti in cittadella giudiziaria. Il ricorso, però, non sarebbe mai più stato discusso nel merito in quanto la società lo avrebbe ritirato, lasciando però traccia delle proprie lamentele in un esposto presentato al Comune. Tutto sembrava essere finito lì. Caduto nel nulla senza alcuna apparente giustificazione. Ma l’indagine penale è, invece, andata comunque avanti.

In effetti il ricorso presentato al Tar dalla C.E.M. conteneva al suo interno una esplicita denuncia. Nel chiedere la revoca dell’appalto vinto dalla Ati Rcm per il ripascimento del litorale, la società aveva difatti motivato la sua richiesta denunciando una serie di violazioni normative connesse all’attività avviata. Secondo la C.E.M, difatti, l’Ati aggiudicataria dei lavori, che aveva firmato una dichiarazione con la quale si impegnava ad approvvigionarsi in una sola cava, si sarebbe rifornita dall’impianto e sito di stoccaggio Inerti Adinolfi Srl in località Castelluccio di Battipaglia. Un sito che un decreto dirigenziale del Genio Civile di Salerno (il numero 145 del 09-06-2009) definisce «una cava abusiva e non autorizzata», provvedimento mai impugnato dalla ditta autorizzata alla sola dismissione del sito estrattivo mediante lo scavo con espresso divieto di commercializzazione. Decreto poi modificato nel 2016 (numero 78) con il quale si autorizzava la commercializzazione per soli 8.530 metri cubi di materiale. Commercializzazione, peraltro, subordinata ad una serie di prescrizioni «ad oggi non adempiute» si legge negli atti e relative ad una serie di contenziosi con la Regione Campania e il Comune di Battipaglia. «A fronte di tali modesti quantitativi - si legge ancora nelle carte - i rappresentanti dell’Ati hanno dichiarato che tutto il materiale necessario all’esecuzione dell’appalto - vale a dire più di 95mila metri cubi, pari ad oltre 10 volte la disponibilità della cava - verrà prelevato tutto dalla Inerti Adinolfi». Quantità di materiale che il gestore del sito, nella dichiarazione resa all’Ati come previsto dalla legge di gara, ha dichiarato di non avere nella cava peraltro non autorizzata all’estrazione, ma presso aree di stoccaggio di inerti (soggetti quindi a particolare trattamento) cosa ben diversa dalle sabbie di cava. Insomma, mentre «i rappresentanti dell’Ati attestano che le sabbie per il ripascimento verranno prese dalla cava Adinolfi, il titolare della stessa si dichiara disponibile a conferire i materiali provenienti dal proprio impianto di trattamento rifiuti e non dalla cava». Dichiarazioni, insomma, controverse. Secondo la denuncia della C.E.M., dunque, la cava Adinolfi potrebbe commercializzare solo 8.530 metri cubi di materiale a fronte de 120mila dichiarati per la realizzazione del primo lotto del ripascimento. All’epoca della denuncia, poi, c’era ancora il secondo lotto da realizzare. Con altro materiale.

Questo filone è nella mani del sostituto procuratore di Napoli Henry John Woodcock. E sarebbe composto di una serie di accertamenti svolti finora dagli investigatori ed arricchito di alcuni prelievi eseguiti anche presso la cava di Battipaglia per verificare la natura del materiale e la sua compatibilità con quello utilizzato per il ripascimento. Ma non solo. Nel fascicolo ci sarebbero anche alcuni video presi dalla pagina facebook dei Figli delle Chiancarelle in cui verrebbero ritratti alcuni camion che trasportano materiale derivante dall’abbattimento della ex Marzotto e diretti proprio sulla fascia litoranea della città. I prelievi di materiale eseguiti nelle scorse settimane servirebbero anche ad effettuare questo tipo di verifica e, soprattutto, a capire da cosa è costituita la sabbia delle aree oggetto del ripascimento.

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Il Mattino