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È tornata a respirare Maria Rosaria Mandia, una donna ebolitana di cinquantasette anni, di sana e robusta costituzione, che per un mese intero ha lottato tra la vita e la morte. Ha vinto la vita contro il covid-19. Ha vinto Maria Rosaria. È ancora molto provata, ma oggi sa che presto si rimetterà in piedi e presto potrà tornare alla sua vita ed alla sua quotidianità. «Ho creduto di non farcela molte volte in questo periodo - afferma Rosaria - ma la vita è stata più forte. I primi dieci giorni, dopo aver saputo di essere positiva, sono rimasta a casa seguendo le prescrizioni dei medici. Poi la situazione si è aggravata e il 16 gennaio sono stata trasferita al reparto di terapia sub intensiva di Agropoli dove sono stata accolta da angeli scesi in terra guidati da Rosa Lampasona, medico responsabile del reparto. Ringrazio tutti, nessuno escluso, per la grande umanità che medici e infermieri hanno avuto nei miei confronti e nei confronti di tutti i pazienti ricoverati». Quella di Rosaria è una storia a lieto fine, cominciata con una diagnosi tutt’altro che facile da gestire: polmonite bilaterale. Il suo racconto è commosso e accorato. Sono ancora ferme le immagini delle persone che, nello stesso ospedale dove lei era ricoverata, non ce l’hanno fatta. Tremante, invece, è la voce quando racconta della sofferenza vissuta, per la sua battaglia e per quella degli altri che continuano a combattere anche ora che lei ne è uscita vittoriosa. «Non possiamo abbracciarci, né poggiare la testa sulla spalla di chi amiamo per farci consolare - spiega Rosaria - ma possiamo trovare il modo di continuare ad esserci per gli altri. Dalla mia esperienza posso affermare che il modo più efficace per vincere la battaglia contro il coronavirus è quello di intervenire tempestivamente con cure mediche adeguate. Non si può essere lasciati soli, a casa. Quando l’ossigeno non arriva come dovrebbe, non solo non si riesce a respirare ma non si riesce nemmeno a prendere le medicine. Siamo soli, isolati, inascoltati. Se si fosse aspettato un solo giorno in più, probabilmente non sarei qui a raccontare la mia esperienza, felice nell’epilogo ma, credetemi, è stata un inferno da cui credevo di non poter più uscire.
Il Mattino