Luca, da omicida a testimone: niente accuse alla fidanzata Daniela

Luca, da omicida a testimone: niente accuse alla fidanzata Daniela
«Nun m'arrecord». «Dottorè...non mi sembra». Luca Gentile torna in aula, questa volta da teste della procura nel processo a carico della ex...

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«Nun m'arrecord». «Dottorè...non mi sembra». Luca Gentile torna in aula, questa volta da teste della procura nel processo a carico della ex fidanzata, Daniela Tura De Marco, accusata di concorso morale in omicidio, quello del padre Eugenio. Per quel delitto, Luca Gentile è già stato condannato a 20 anni di reclusione in abbreviato. E ieri, per la prima volta, pubblicamente, il giovane - assistito dagli avvocati Enrico Lizza e Luigi Gassani - ha raccontato la sua verità dinanzi ad una platea di giovani studenti che hanno partecipato ad un progetto didattico dell'associazione Fedra.


Luca è andato qualche volta in contraddizione. Soprattutto quando, a fine esame, il pm Elena Guarino gli ha letto lo scambio di whatsapp tra lui e Daniela nei quali i due ragazzi cercano di concordare la linea da seguire. «Nun m'arrecord», «non mi sembra», «le cose non sono proprio così come le state leggendo», ha detto con fermezza il giovane quando, con le sue domande, il sostituto procuratore ha cercato di portare avanti la sua tesi: che l'omicidio era premeditato e che anche Daniela era coinvolta. Una tesi che, ovviamente, non è stata condivisa dai legali della ragazza, assente in aula, gli avvocati Francesco Saverio Dambrosio e Antonietta Cennamo.
 
Il controesame del teste è stato rinviato al prossimo 10 gennaio e, in quella stessa data, sarà sentita dai giudici della Corte d'Assise anche Daniela. I due ex fidanzati, dunque, si potrebbero incontrare nuovamente e, questa volta, in un'aula del tribunale. Lei era andata a trovarlo, all'inizio di tutta la vicenda giudiziaria, anche in carcere poi ha deciso di troncare la relazione. Luca verrà sentito quattro giorni prima che, in Corte d'Assise d'Appello, sarà discusso il ricorso contro la sentenza di condanna a venti anni di reclusione.

«Lo volevo solo ammazzà e bott non volevo ucciderlo» ha ripetuto in aula il ragazzo, reo confesso dell'omicidio dal primo momento. «Ci aveva provato con me - ha detto al pm Guarino - e quando io mi sono rifiutato di stare con lui ha detto che avrebbe ucciso me e mio padre». Gentile ha ricostruito tutti gli episodi in cui, più volte, il suocero omosessuale aveva tentato di avere dei rapporti con lui: da quella sera che lo invitò a restare a casa sua e nel letto allungò le mani, alla sera prima dell'omicidio - era giovedì - quando, tornando dalla cena che avevano fatto a casa della figlia sposata della vittima, fuori ad un bar in via Roma, dove si erano fermati per comprare le sigarette, il 62enne aveva fatto le ennesime avances. Al rifiuto del giovane, il carrozziere sarebbe andato in escandescenza trattandolo male e minacciandolo di morte. Una volta tornato a casa - ha ricordato in aula - Luca avrebbe raccontato tutto ai genitori e anche a Daniela. La cosa sarebbe poi finita lì. La sera successiva - venerdì, quella del delitto - il giovane avrebbe incontrato Eugenio nella piazzetta davanti le loro abitazioni e il suocero gli avrebbe detto di entrare in casa per chiarirsi. Qui il ragazzo avrebbe subito un'altra avances. L'uomo gli si avvinghiò addosso e iniziò a toccarlo nelle parti intime fu allora che lui reagì e lo uccise.


È sull'organizzazione del dopo omicidio che Luca Gentile ha riferito di non ricordare. Di quando i due ragazzi cercavano di capire come fare per far sembrare tutto una casualità. Dai messaggi che Daniela avrebbe inviato al padre perché fossero trovati a sua discolpa, alla richiesta di aiuto al 118. Ma anche i messaggi precedenti, tirati fuori dalle memorie dei due cellulari dai carabinieri del Ris di Roma, a quelli successivi. Tutti messaggi in cui i due si organizzavano. E anche quelli in cui Luca riferiva a Daniela che tutto era stato compiuto. «Dopo tanto tempo - ha detto il ragazzo - non ricordo quei messaggi». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino