Monsignor Nunzio Scarano, già contabile dell'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) non solo calunniò un ex agente dei servizi segreti,...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
La Corte si è pronunciata anche sugli altri due imputati in questa vicenda; si tratta dell'ex agente dei servizi, G. M. Z. (sottufficiale dell'Arma dei carabinieri distaccato ai Servizi di Informazione dei Governo Italiano Aisi), e del broker Giovanni Carenzio. Entrambi erano stati giudicati in primo grado con il rito abbreviato; furono condannati per l'accusa di corruzione a un anno e 8 mesi di reclusione ciascuno. Dopo la riunione in appello dei due procedimenti, oggi, per entrambi la sentenza è stata confermativa della decisione di primo grado. L'indagine, che in una prima fase coinvolse anche gli armatori napoletani D'Amico (ritenuti i proprietari del denaro, le loro posizioni furono poi archiviate), fu avviata nel 2012 dopo l'ascolto di alcune telefonate tra Scarano e Carenzio.
Secondo l'impianto accusatorio, Scarano avrebbe versato 400 mila euro all'ex 007 per l'operazione di rientro del denaro, poi naufragata. In base al capo di imputazione l'alto prelato avrebbe dovuto dare a G. M. Z. altri 200 mila euro, somma che l'ex agente dei servizi non avrebbe incassato perché il prelato denunciò falsamente lo smarrimento dell'assegno. Il monsignore sarebbe stato contattato dal broker per tentare di riportare in Italia l'ingente somma di denaro; l'ex responsabile dell'Apsa chiese a sua volta aiuto all'ex 007. Il trasferimento fu pianificato nei minimi dettagli al punto che G. M. Z., il 16 luglio del 2012, si recò a Lugano e predispose il viaggio di ritorno con un aereo privato (per il quale fu assicurata anche una vigilanza armata); alla fine però l'operazione andò a monte. L'accusa di calunnia nei confronti di Scarano si riferiva al fatto di avere incolpato 'falsamentè G. M. Z. del «delitto di furto e ricettazione dell'assegno bancario di 200 mila euro che - si legge nel capo di imputazione - Scarano aveva consegnato all'agente, in esecuzione del patto corruttivo». Per questa intera vicenda, nel giugno 2013 finì anche in carcere; e l'episodio si contornò di grande clamore mediatico. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino