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Addio birre e bottiglie di spumante da stappare in riva al mare. Addio calici di vino da alzare in piazza e al bando anche spritz e cocktail colorati da sorseggiare passeggiando, tra un locale e l’altro. Quest’anno, il periodo clou delle festività natalizie, quello che va dal 23 dicembre al primo gennaio, rischia di essere arancio tendente al rosso, stando a quanto annunciato dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, pronto a sfornare nuove ordinanze tese a scongiurare l’incremento dei contagi. E dunque, da quanto si è appreso, sarà vietato consumare cibo e bevande, alcoliche e non alcoliche, fatta eccezione per l’acqua, nelle aree pubbliche, compresi gli spazi limitrofi a bar e ristoranti. No alle feste e agli eventi anche all’aperto, dove resta obbligatoria la mascherina. L’obiettivo, dichiarato, è quello di evitare assembramenti che potrebbero far schizzare alle stelle la curva dei nuovi casi Covid.
Ma è proprio questo punto a irritare, e non poco, gli operatori del settore Ho.re.ca. Dopo tanto battersi per avere le Luci d’artista, nella speranza di potersi rifare delle perdite accumulate nei mesi scorsi, ora sono proprio le installazioni luminose a finire sul banco degli imputati. Non perché non piacciano o non le si ritenga fondamentali per il rilancio dell’economia, «ma perché la presenza di un attrattore turistico che dovrebbe portare in città migliaia di persone, come si concilia con questo nuovo pugno di ferro? - si chiedono Alfonso Amendola e Anna Ricci di Nero a metà – Finirà che la gente uscirà di casa con le bottiglie nella borsa. E di certo non potranno controllarli uno per uno».
I problemi vanno oltre i presunti mancati incassi: «Ancora una volta si finge di non sapere come funzionano determinate attività – spiega Renato Salvatore del Lanificio – Chi ha un pubblico esercizio si approvvigiona con almeno venti giorni di anticipo. Merce che saremo costretti a buttare. Per non parlare dei contratti stagionali che facciamo a tanti giovani che ci danno una mano esclusivamente in quei giorni. Poi, non mi pare che sia stata detta una parola sui supermercati: anche lì non si potranno vendere alcolici? Non ci credo e ancora meno riesco a immaginare che le forze di polizia si mettano a verificare cosa fa e cosa beve ogni singolo individuo che si troverà in strada». C’è anche chi, di fronte al lanciafiamme, mette in discussione l’utilità dei vaccini: «Ho fatto la terza dose e non me ne pento – spiega Antonio, barman di un noto locale del centro storico – ma mi chiedo: a che serve se poi dobbiamo fare passi indietro? Non sono un no vax, però queste scelte alimenteranno il sospetto tra gli indecisi che non avranno un buon motivo per correre a mettersi al riparo visto il perdurare delle limitazioni». Se l’allarme contagio esiste – e i numeri purtroppo lo confermano – esiste sempre, non solo nei giorni più caldi delle festività. La pensa così Diego Palmieri del Cavour: «Lo scorso week end c’erano migliaia di persone in giro. Ci si infetta forse solo dal 23 al primo gennaio?». Una domanda che si pone Davide Boccazzi di Goccia: «Allo stadio sì, a urlarsi in faccia sì, a bere per strada no. Nella Villa comunale ad ammassarsi sì, all’aperitivo no. E’ l’ennesima pugnalata ad un commercio che confidava in questo periodo solo per rifarsi delle perdite avute e di quelle che ci aspettano tra gennaio e febbraio». L’augurio di Daniele Avallone, promoter tra Fresconi e Loyd’s Baia è che «almeno non decidano di stoppare anche la musica. Nei nostri locali abbiamo adottato la linea del super green pass. Più di questo veramente non sappiamo che altro fare».
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