Truffa sulle sepolture ad Angri, in undici sotto processo

Truffa sulle sepolture ad Angri, in undici sotto processo
Risparmio sui costi di tumulazione e sepolture, con l’uso di documenti che sarebbero risultati falsi. Sono queste le accuse mosse a 11 persone, ora rinviate a giudizio dal...

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Risparmio sui costi di tumulazione e sepolture, con l’uso di documenti che sarebbero risultati falsi. Sono queste le accuse mosse a 11 persone, ora rinviate a giudizio dal gup del tribunale di Nocera Inferiore, giorni fa, a seguito di udienza preliminare. Sullo sfondo c’è un’inchiesta condotta dalla Procura sul cimitero di Angri. I fatti vanno in un periodo compreso dal 2017 al 2019. Tra i reati ci sono truffa, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e violazione di sepolcro. Il prossimo 13 aprile, dinanzi al giudice monocratico, compariranno Gennaro Somma (nel ruolo di custode e gestore dei servizi cimiteriali di Angri), Alberto Funelli, Vincenzo Novi, Maria Teresa Pizzo, Rosalba Troiano, Angelo Gabriele Nocera, Giovanni Sorrentino, Giuseppe Ferraioli, Angela Mauro, Leyla Cirasuolo e Giuseppina D’Acunzo. Il gup ha inoltre emesso sentenza in abbreviato a 4 mesi per Assunta Iannone e il non luogo a procedere per Eduardo Tarno Fabbricatore. Nel collegio difensivo ci sono gli avvocati Giacomo Morrone, Vincenzo Desiderio, Giovanni Pentangelo e Giovanni Falci. Un altro dipendente del cimitero era stato giudicato separatamente, a seguito di stralcio. Il resto degli imputati sono tutti privati cittadini.

L’inchiesta partì dopo la morte di un ragazzo di 19 anni di Angri, a seguito di una patologia congenita non diagnosticata. Investigando su quel decesso, in ragione di una prima ipotesi investigativa alla quale non seguirono riscontri, i carabinieri avviarono contestualmente poi diversi filoni d’indagine, tra i quali uno concentrato proprio sul cimitero. Nello specifico, raccolsero elementi che riferivano di consegna di documenti falsi all’ufficio comunale, con i quali sarebbe stato attestato che le persone da seppellire fossero residenti in un comune differente. In pratica, il cittadino - in accordo con l’uno o l’altro dipendente - attestava una falsa residenza per il parente defunto, che così da Sant’Egidio del Monte Albino risultava deceduto invece ad Angri. In questo modo, pagava 218 euro per l’inumazione e non 900, come previsto per i non residenti. Il regolamento fissava ad 850 euro l’inumazione per i non residenti, con 50 euro in più per il trasporto della salma. Diversi gli episodi, contestati ai singoli imputati. Per Somma c’è anche l’accusa di truffa: per evitare di tracciare la propria uscita dal luogo di lavoro non smarcando il cartellino badge segnatempo, si sarebbe recato dal meccanico in orario di lavoro, inducendo in errore il Comune, ottenendo un profitto ritenuto come «ingiusto». Un’imputata risponde anche di violazione di sepolcro: insieme all’altro custode, avrebbe aperto un loculo con dentro i resti mortali del genitore per spostarli altrove. Questo dietro accordo tra i due, ma senza l’autorizzazione per quel tipo di operazione. Ora il dibattimento.noce

 

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Il Mattino