Un anno in arte, il 2023 con i capolavori di Tafuri

Ci saranno mostre in Italia e all'estero

Il calendario De Luca
«Il suo pennello ha ritratto con fervida lena tutti gli aspetti e gli esseri della Natura, il piano, il colle, la montagna, il fiume, la marina, gli alberi, i fiori, le...

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«Il suo pennello ha ritratto con fervida lena tutti gli aspetti e gli esseri della Natura, il piano, il colle, la montagna, il fiume, la marina, gli alberi, i fiori, le creature umane, gli animali. Egli si è compiaciuto con eguale amore nei paesaggi del settentrione e in quelli del meridione, nella verde campagna di Feltre cosparsa di pometi come nelle spiagge luminose di Salerno e Amalfi... La pittura di Raffaele Tafuri è, per istinto e per proposito, aliena dal modernismo; il quale se per alcuni artisti è ricerca ammirevole di rapporti, di mezzi e di effetti nuovi, per altri è moda, è vezzo di imitazione o voglia di segnalarsi più per uno sforzo di analisi critica e tecnica che per impulso di ispirazione spontanea. Volli - dice onestamente Tafuri - tenermi fermo nel circolo delle mie visioni; non mi scostai dai risultati che il mio ingegno - quale sia - poteva offrire al pubblico; e al pubblico mi presentai sempre con gli abiti miei, modesti, ma tagliati alla mia persona e mai d'accatto....».

È uno stralcio dello scritto di presentazione alla «mostra individuale» che Raffaele Tafuri tiene, nel novembre 1918, alla Galleria Pesaro di Milano. A firmarlo è Antonio Fradeletto, promotore e segretario generale dell'Esposizione nazionale di pittura e scultura di Venezia di cui è motore fino al 1919. È amico e grande estimatore del pittore salernitano, malgrado qualche «momento di dissidio intellettuale»; lo inviterà, dalla prima edizione, alle sue Biennali - la presenza dell'artista meridionale sarà costante fino al 1926 - lo introdurrà negli ambienti artistici veneziani, gli darà più di un'occasione per entrare in contatto con lo scenario internazionale dell'arte.

Ci saranno mostre in Italia e all'estero (Monaco, 1896, 1899 e 1902; Berlino, 1891; Buenos Aires e Santiago del Cile, 1910; San Francisco, 1915), ma non nella sua Salerno che, pur vivendo da decenni tra Venezia e Pedavena dove ha lo studio, Tafuri evoca in paesaggi animati da una sfaccettata umanità, come negli oli «Fornelle» e «Lo scarico del carbone», dove sono riconoscibili il porto e la spiaggia di Santa Teresa. «Nonostante i tanti successi nazionali e internazionali - sottolinea Marco Alfano, curatore, come da consolidata tradizione, del calendario De Luca 2023 dal titolo Tafuri. L'Incanto e la memoria - la sua figura stentò ad essere riconosciuta nella sua città: assente alla Prima Mostra fra Artisti del Salernitano nel 1927, è presente con una sala personale alla II Mostra Salernitana d'Arte, del 1933, quando l'autore era però già scomparso da tre anni». Un silenzio che dura anni, incomprensibile per un autore che in vita ha ricevuto consensi di pubblico e di critica. Ad aprire uno spiraglio sulla sua figura è stato, nel 1989, il critico Massimo Bignardi che gli ha dedicato uno spaccato nel volume Arte a Salerno.



Ora Alfano, sulla sua scia, si muove sulle tracce di questo artista il cui profilo completo - fa notare Patrizia Fiorillo - resta ancora da ricostruire. «La sua analisi - dice la critica d'arte che stasera, ore 17 alla Camera di Commercio di Salerno, dialogherà con il curatore del calendario e l'editore Andrea De Luca - dà avvio ad una prima indagine più approfondita, portando allo scoperto opere conservate in prestigiose raccolte pubbliche e private, ma soprattutto disegnando, attraverso il corpus pubblicato, il volto di un artista diviso tra l'aderenza ad un cultura figurativa napoletana di stampo ottocentesco e l'apertura alle sollecitazioni luministiche di area veneta, in una sintesi che raramente trova la possibilità di uno sviluppo verso canoni di modernità che la cultura visiva dei primi decenni del XX secolo aveva da tempo raggiunto». Alfano pone le basi per una antologica finora non possibile, vista la difficoltà di reperire le opere di Tafuri. Partendo dalla raccolta De Luca, lo storico dell'arte, ha spulciato cataloghi, volumi, scovato inediti tra collezioni pubbliche e private e, in questo calendario ricco anche di apparati documentari, ha illustrato i maggiori capolavori di Tafuri, tra cui «Fine d'un giorno» del 1898, oggi al Museo Stibbert di Firenze, «Ragazze al sole» del 1887, esposta al Museo della Scienza di Milano, «Sfogliando» (il bozzetto è alla Pinacoteca provinciale di Salerno), lo splendido Caffé Florian di Venezia del 1909 visibile alla Camera di Commercio di Salerno, «A Pedavena (Feltre)» del 1907, conservato nel Museo di Palazzo Reale a Pisa.
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Il Mattino