Nocera, guerra tra clan: «Un morto ammazzato in casa voi avete lo stesso problema»

Nocera, guerra tra clan: «Un morto ammazzato in casa voi avete lo stesso problema»
«Voi tenete lo stesso problema tutti e due». E il problema era un familiare morto ammazzato per volere di Mario Cuomo, padre di Michele e Luigi, entrambi a capo di uno...

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«Voi tenete lo stesso problema tutti e due». E il problema era un familiare morto ammazzato per volere di Mario Cuomo, padre di Michele e Luigi, entrambi a capo di uno dei tre clan più potenti di Nocera. A pronunciare queste parole, Antonietta Aiello, madre di Francesco D’Elia, a capo del clan che gestiva lo spaccio nel quartiere Piedimonte. È lei che, stando alle intercettazioni captate durante le indagini, avrebbe fatto da «paciere» tra il figlio Francesco e Mario Passamano a maggio di quest’anno quando i due ebbero un momento di tensione, culminato nelle notte tra l’8 e il 9 maggio in una nottata di «caccia all’uomo», gli uni contro gli altri, tutti rigorosamente armati dopo un pestaggio tra componenti delle due bande nel quale fu coinvolto anche Passamano. Un pestaggio legato a un problema «dialettico», perché uno dei ragazzi aveva sbagliato a «parlare con la bocca».


La Aiello, con un linguaggio mafioso e criptico, cercava di perorare la causa del figlio e dei suoi «ragazzi» ricordando a Mario Passamano che Mario Cuomo aveva ammazzato il padre di Francesco e aveva anche deciso la morte di suo fratello. «Voi tenete lo stesso problema tutti e due», disse dunque la donna ricordando loro come quel «lutto» avrebbe potuto avere degli strascischi perché, se Mario Cuomo fosse uscito dal carcere, così come lei sosteneva che si stava dicendo in città, alla fine avrebbe ammazzato entrambi. Per vendetta e per ristabilire il potere. Così suggeriva loro di fare la pace, magari pensando di organizzarsi entrambi contro Giuseppe Abate. Una pax mafiosa che sarebbe poi durata ancora fino a ieri mattina quando carabinieri e poliziotti non hanno decapitato definitivamente i tre gruppi.


Nelle 150 pagine di ordinanza di custodia cautelare, il gip Stefano Berni Canani, fa riferimento spesso ai comportamenti violenti dei due gruppi. Una violenza che consentiva loro di «imporre» la propria volontà condizionando anche la reticenza di vittime e cittadini. Tant’è che, proprio il correre degli eventi, ha imposto al sostituto procuratore dell’Antimafia Vincenzo Senatore, la necessità di integrare la sua prima richiesta di 224 pagine con una successiva, pochi giorni prima dell’ordinanza, di altre 22 pagine.
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Il Mattino