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Si chiama «sightseeing & tasting» ed è l’ultima tendenza turistica, suggerita da operatori del settore o agenzie viaggi e battuta dai travel blogger, così come dall’hospitality enogastronomica e i food lover.
Per toccare con mano basta venire a Napoli, la meta più ambita del momento dal turismo internazionale, e fare tappa ad esempio a Pompei, il sito storico più visitato al mondo.
Nella settimana di Pasqua l’incremento di presenze straniere è vertiginoso e le iniziative di abbinamento “visita & menù” sono numerose e diversificate per distanza, leit motiv, ubicazione, età o tasca: dall’arte, i parchi e i musei all’iter sacro e ludico-sportivo (con le vie di Maradona) passando per l’aperi-tapas, le trattorie, il fine dining o le pizze e lo street-food.
Un itinerario fra tutti: quello ampio e versatile a Pompei, tra una visita agli Scavi e l’antica città romana, una tappa al Santuario meta di ogni pellegrino e una passeggiata alle falde del Vesuvio coi sentieri nella macchia mediterranea.
Il pairing gastronomico per il weekend di Pasqua, invece, è preciso e ricercato, meglio se neo-tradizionale. Alla corte di chef Pierpaolo Giorgio da Cenere, primo bistrò-museo campano sulla via per la basilica, si ripercorre il mood geo-archeologico coi decori o la grotta in lapilli e lava del Vesuvio e si declina in chiave pop con le teche di anfore fluo, ma è nel piatto e nel calice che si ripercorrono i fasti dell’antica Urbe o la tradizione partenopea, rieditate dal cuoco e il sommelier bartender Valerio Coppola.
Da assaggiare la celebre “mescafrancesca” (o pasta mista) con pecorino, uovo e piselli Centogiorni, ma prima un entrèe di carciofo violetto in tre consistenze, poi lo spaghettone con fave, stracciata e mazzancolle, il capocollo di suino nero casertano al taurasi con porro e patate e per chiudere l’immancabile pastiera e una tartelette au citron: in rigoroso abbinamento a vini campani, calabri o lucani e un drink tutto meridionale, non a caso chiamato “Il contadino del Sud”.
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