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Il confronto
Saletta degli interrogatori del Tribunale per i minorenni di Napoli, dinanzi al gip Anita Polito, a rispondere alle domande P.I., reo confesso per l’omicidio di Gennaro Ramondino. Ricordate il caso? Il ventenne venne colpito a morte alla fine dello scorso agosto, in un edificio popolare di via Comunale Napoli a Pianura. Camorra della periferia occidentale, siamo in una zona dove da sempre vengono assoldati i giovanissimi. E la storia di P.I. pusher e assassino reo confesso. Punta l’indice contro Massimo Santagata, soggetto all’epoca detenuto, che gli avrebbe dato l’ordine di uccidere l’amico di infanzia. Un’imposizione giunta dal carcere, attraverso un collegamento telefonico (evidentemente abusivo o non controllato) con il proprio nucleo domestico. Difeso dalla penalista Antonella Regine, il ragazzino a poco a poco si scioglie. In aula, accanto al giudice e alla penalista, il pm Ettore La Ragione, che gli chiede un approfondimento sul giro di quattrini legato alla piazza di spaccio che univa alcuni giovanissimi del quartiere. Ricapitoliamo: la scorsa estate si era creata una contrapposizione tra Santagata e il giovanissimo Ramondino, che aveva cominciato a incassare soldi dallo smercio della droga, senza consegnarli ai referenti di sempre.
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Per questo motivo - spiegano gli inquirenti - Ramondino andava eliminato». Un diploma di licenzia media in tasca, iscritto al primo anno di un istituto superiore, 16 anni, P.I. fa poi mente locale sulla questione economica: «Dalla piazza di spaccio prendevo dalle 6 alle otto mila euro al mese». Più nello specifico: «Dalle 1500 alle duemila euro alla settimana». Soldi maledetti e subito nelle tasche di un adolescente, al quale viene affidato il compito di uccidere il ventenne.