«Ho trent'anni e per 60 giorni ho combattuto il virus. Ecco come ho vinto»

l'avvocatessa perugina Sara Agrifoglio
PERUGIA Sara Agrifoglio, 33 anni, avvocatessa perugina, ce l’ha fatta. Ha sconfitto il virus-mostro, ma ci sono voluti 61 giorni. Due mesi di paura, timori, dolori, incubi....

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PERUGIA Sara Agrifoglio, 33 anni, avvocatessa perugina, ce l’ha fatta. Ha sconfitto il virus-mostro, ma ci sono voluti 61 giorni. Due mesi di paura, timori, dolori, incubi. Due mesi che lei racconta con un sorriso che spazza via tutto. Con un garbo e una serenità che non fanno pensare che ha dovuto scalare l’Everest due volte. 

Sara è stata il positivo numero 17 degli umbri, primo tampone positivo il 28 febbraio. Sembra un secolo, ma sono i giorni in cui il Covid-19 ha incendiato anche l’Umbria.
La storia, nelle parole, finisce come era iniziata. Con un post fu Facebook , ieri mattina, che dice così: «Dopo 61 giorni (sessantuno..nn so se mi spiego!), innumerevoli sintomi, 5 giri in ambulanza, 3 volte in ospedale, non so quanti esami, 7 tamponi ed infinite angosce.. finalmente il meraviglioso verdetto. doppio negativo: ho vinto ioooooo!!!»

Al Messaggero la sua storia l’ha racconta così, senza bisogno di altre mediazioni con quello che le è venuto dal cuore: «Chi crede di essere immune per il semplice fatto di essere giovane o fisicamente sano non si rende minimamente conto, si racconta favole. Il virus mi ha colpita il 28 febbraio, mentre avevo già una faringite in atto, uno di quei banali malesseri stagionali che purtroppo ci accompagnano durante l’inverno
In poche settimane la malattia si è sviluppata su tutti i fronti..faticavo a respirare, ero sempre disidratata, avevo il cuore che galoppava velocissimo e manifestavo diversi problemi neurologici: non sentivo né sapori, né odori, avevo continue vertigini e perdevo spesso l’equilibrio.
Tante persone mi hanno dimostrato grandissimo affetto
Ho risentito persino una mia maestra dell’asilo ha trovato il modo di contattarmi tramite un giornale online per dimostrarmi la sua vicinanza. I miei vicini di casa mi hanno lasciato dietro alla porta torte, pizze, cannelloni e altre delizie fatte in casa. Quando hanno saputo della mia guarigione mi hanno fatto trovare dei magnifici pasticcini e mi sono commossa. Tanti dei miei colleghi sono stati premurosi e presenti: Stefano Tentori Montalto, presidente dell’Ordine degli Avvocati, e Francesco Pugliese, direttore della Scuola Forense presso la quale insegno, hanno gestito egregiamente i giorni successivi alla notizia del mio contagio, con efficienza e sollecitudine, senza innestare allarmismi ingiustificati.
Ringrazio soprattutto tutti coloro che hanno dimostrato umanità, perché chi viene ricoverato non è un numero ed ha molta paura. Non dimentico l’operatrice sanitaria presso Malattie Infettive, addetta ad igienizzare quotidianamente la mia camera, una signora di colore splendida che non mancava mai di dire una bella parola o di farmi notare che bella giornata di sole fosse». 

Adesso vuol tornare a indossare la toga. Che per oltre un mese non si sia alzata dal letto, che la quarta settimana di malattia, quella dopo il ricovero, è stata la peggiore e che alla quinta e sesta è tornata la febbre, lo cancella con il sorriso che l’ha aiutata a battere l’incubo senza fine. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino