Ginestra con papà Mimmo Paladino: «Lui dipinge e io recito, così don Chisciotte ci unì sul set»

Ginestra con papà Mimmo Paladino: «Lui dipinge e io recito, così don Chisciotte ci unì sul set»
Mentre il papà modellando la creta creava preziose opere d'arte, lei con i pezzi di argilla in più si divertiva a farne blocchetti da schiacciare e trasformare...

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Mentre il papà modellando la creta creava preziose opere d'arte, lei con i pezzi di argilla in più si divertiva a farne blocchetti da schiacciare e trasformare in quelle che Mimmo Paladino definiva affettuosamente schifezze. Ginestra, classe 74, attrice cresciuta alla scuola Paolo Grassi di Milano, mamma di tre figli, tra dipinti, sculture, disegni e installazioni ci è nata e, soprattutto, è in quel mondo che è cresciuta.

Da bambina non sarà stato facile spiegare in che cosa consistesse il mestiere di suo padre.
«Devo ammettere che la definizione di artista è piuttosto vaga. Nel mio caso però ero avvantaggiata: vivendo in un piccolo centro come Benevento, ci conoscevamo un po' tutti e quale lavoro facesse papà ormai lo avevano capito».

Ha mai pensato di seguire le sue orme?
«Direi di no. La mia negazione era riconosciuta. Ricordo che la maestra non ci poteva pensare: Ginestra non sa disegnare neanche un albero diceva a mia madre, convinta che la figlia di Mimmo Paladino dovesse essere per forza bravissima».

Ne faceva una questione di Dna, forse?
«Può darsi. Intanto io mi divertivo a impasticciare i pezzi di creta che papà scartava. Ero solo una bambina, mi sedevo accanto a lui, lo osservavo lavorare e producevo le mie personali opere d'arte. Papà le guardava e rideva: Fai solo schifezze con questa creta...».

Quindi l'artista proprio no.
«Ho scelto il palcoscenico, teatro e cinema mi hanno sempre affascinato. Il secondo dei miei figli invece è talentuoso come il nonno che infatti ne va fiero».

D'altronde l'aria che si respira a casa Paladino è quella. O no?
«Siamo tutti cresciuti così. Tra quadri, sculture, colori, pennelli. E poi mostre, musei, teatri. Sia io che i miei figli».

Sempre in giro, insomma.
«Fin da bambina. Quando papà partiva mamma e io lo seguivamo quasi sempre. Viaggi indimenticabili. Siamo stati ovunque e ho imparato tanto. Ben più di quello che avrei appreso nei giorni di scuola che talvolta perdevo».

Trasferte culturali.
«Avevo quattro anni quando nel museo di Van Gogh di Amsterdam lanciai il mio Cicciobello contro un quadro. Per miracolo qualcuno lo acchiappò prima che accadesse il peggio. Mamma lo racconta sempre: momenti di orrore puro, io invece mi divertii molto».

Giochi di bambina.
«Un'altra volta, in Germania, ora non ricordo in quale galleria d'arte, trasformai una installazione in tanti piccoli mucchietti di sabbia».

Un disastro.
«Mi persero di vista qualche attimo. Sola e senza controllo adocchiai quella scultura di sabbia. In pochi minuti lo scempio era compiuto».

Quale fu la reazione di suo padre?
«È sempre stato piuttosto paziente. In quel caso, poi, il danno ormai era fatto».

A proposito di opere. Parliamo di quelle di Mimmo Paladino. Quale le sta particolarmente a cuore?
«Una su tutte: si chiama En do re. Un piccolo quadro che mi regalò al mio diciottesimo compleanno. In realtà lo ha ancora lui ma è per me».

Padre artista, figlia attrice: bella coppia.
«I conti con la mia frequentazione amorosa con l'arte li ho fatti quando a teatro ho interpreto Il ritratto di Dora M, la musa dei surrealisti. È chiaro che mio padre è stato il primo grande amore. L'uomo che mi ha messo al mondo, anche in quello dell'arte. Oggi talvolta lavoriamo insieme. Quijote, ad esempio, è stata una esperienza che abbiamo condiviso».

Parla del film che Paladino ha diretto qualche anno fa?
«Una rilettura del Don Chisciotte di Cervantes, con Peppe Servillo e Lucio Dalla che ne curò anche le musiche originali».

Lei che ruolo interpretava?
«Dulcinea, la contadina amata da don Chisciotte. Devo ammettere che lavorare con lui mi ha fatto un gran bene. Mi ha spinto a liberarmi delle rigide regole dall'Accademia per imparare a improvvisare al momento».

Insomma, esame da regista superato.
«A pieni voti ma non senza scontri».

In che senso?
«Ci faceva impazzire, a volte sembrava che stesse realizzando un quadro, non un film. Cambiava di continuo creandoci una serie infinita di problemi. In ogni caso, bravissimo. Se la pandemia ce lo consentirà abbiamo già in mente un secondo film».

Artista e regista: due mestieri piuttosto diversi.


«Ha sempre amato il cinema, mio padre, la sua cultura è incredibile: negli anni ha visto di tutto. Spazia da un campo all'altro con straordinaria disinvoltura. L'anno scorso ha realizzato anche le scenografie di Pinocchio, un lavoro per il Napoli Teatro Festival nel quale recitavo. Lui si è divertito, per me è stato un dono d'amore».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino