«Che estate che fa? Eh, bella domanda. Unica certezza: vacanze no. Con tutto il rispetto per Bob Dylan, faccio come lui nel “Neverending tour”. Questa è...
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L’estate di Tony Tammaro, dunque, non è quella di Vincenzo Sarnelli.
«Sarnelli soffre, Tammaro gioisce. Sarnelli resta chiuso nella piccola città in cui ha scelto di vivere, Caserta, e studia, prepara nuove canzoni, si ispira. L’unica sua attività ludica è il “canoabbascio”, sport che consiste nel portare il cane a fare lunghissime passeggiate, anche 10 chilometri, che fanno bene alla salute del cane e a quella del padrone».
E Tony Tammaro? Che “villeggiatura” sceglie? Va ancora a Scalea, insegue sempre la sua Patrizia? Arrostisce carciofi sul barbecue? Insomma, com’è cambiata l’estate del tamarro?
«Si è modificata. Meno caciarona e molesta, ma pur sempre tamarra. Prendi i rapper: hanno sostituito i neomelodici, ma la tamarraggine è intatta. Anzi, con tutti quei “fuck” nei testi, è aumentata. Prendi il portabagagli montato sull’auto prima di partire per le vacanze: sopra ci andava di tutto: lettini, materassi, cassette di pomodori e la seggiola col nonno. Oggi, la legge impone sul tettuccio quell’affare di plastica grigia che io definisco il “tavuto”. Cosa ci sarà mai là dentro? Mistero tamarro. Intanto, a Scalea ci vanno i russi, ma le Patrizie sono immortali: appariscenti e conturbanti nei costumi leopardati, figlie di quelle che cantavo un quarto di secolo fa».
E come va in vacanza il tamarro? Su ‘o trerrote? O si è evoluto?
«Anche i veicoli tamarri mutano negli anni. Oggi vanno i pullman low cost. Ma dove sono più quelle belle, mostruose 127 e le 1100 di una volta?».
A Tammaro piace ‘o mare? O le fa schifo?
«Ringrazio per la citazione del brano “Me piace ‘o mare”, contenuto nel mio ultimo album “Tokyo Londra Scalea”. Il disco è uscito l’anno scorso e ci metterà tempo a diffondersi. Così è stato per tutti gli altri; per “Patrizia”, “Supersantos”, “ ‘O Trerrote”, “La 127 blu”. Sono il più indipendente tra gli artisti italiani. Si parla tanto di “musica indie”, e a me viene da sorridere, perché io producevo i miei dischi da solo già prima della crisi».
Il mare, allora, le piace o no?
«Tantissimo».
E che cosa legge sotto l’ombrellone il tamarro? Ma legge?
«Mi sono chiesto spesso cosa faccia la differenza tra un borghese e un tamarro. Non ho dubbi: le letture. Romanzi sotto l’ombrellone per i primi; letturine gossip per gli altri. Tra “L’insostenibile leggerezza dell’essere” e “vediamo cosa fa Belèn ad agosto” corrono abissi di comportamenti e contrastanti concezioni di vita».
Prendiamo Patrizia e confezioniamole una vacanza in stile 2016.
«La casa in affitto è fuori moda. Ora si va al Villaggio. Patrizia 2016 non perde una lezione di salsa e merengue, fa tiro con l’arco e mostra allegramente la natica abbronzata che spunta generosa dal bikini-una-misura-sotto, al grido di “ ‘E ccose belle s’hann’ fa vede’”, anche se di pelle da abbronzare, nel 2016, non ce n’è più. Ce stanno ‘e tatuagge».
Quando nacque, tanti anni fa, il suo tamarro? D’estate o d’inverno? E, soprattutto, perché? Che cosa la colpì del suo universo senza limiti?
«Era il 4 giugno 1988, avevo appena finito di vedere su Italia Uno un film di Nino D’Angelo. Presi un pezzo di carta e in 10 minuti scrissi “Patrizia”. Mi chiedevo: come fa un ragazzo sotto peso e con un caschetto biondastro a rubare le ragazze in discoteca ai suoi coetanei che ci mettevano poco a essere più belli di lui? Poi, ho capito che tutti abbiamo diritto a un riscatto. Il successo di Nino D’Angelo, di Gigi D’Alessio significa dignità restituita ai ragazzi di strada e alle d’alessiane “fotomodelle un po’ povere”. Il mio tamarro non ha un’oncia di razzismo. E mai l’avrà. Ci sono tante cose belle negli ambienti meno colti e fortunati. Perciò, sono felice di essere amico di D’Angelo e di d’Alessio. Il mondo è trasversale. Come il pubblico dei miei spettacoli».
E qual è la stagione preferita dal tamarro? L’estate o l’inverno?
«L’inverno è una palla: “L’estate è n’ata cosa”».
Ha mai pensato di esportare il suo personaggio?
«Dopo il successo di febbraio scorso al Diana di Napoli, sarò in tour a novembre nelle maggiori città italiane. Si parte il 23 dall’Alcatraz di Milano, per proseguire al Duse di Bologna e al Quirinetta di Roma; quindi di nuovo a Napoli, ancora al Diana. Dalla mia pagina Facebook arrivano segnali incoraggianti: tutti quei ragazzi partiti anni fa dalla Campania per andare a lavorare al Nord mi stanno aspettando. D’altronde, sono cresciuti con le mie canzoni».
Una risposta definitiva da un esperto della materia: il futuro del mondo è tamarro?
«Ho sempre affermato che la borghesia è in declino e i tamarri sono in ascesa. Ma non trionferà né l’una né gli altri. Vedo, piuttosto, un assestamento. Un giorno quelli di via Petrarca scopriranno la bellezza intrinseca di una parmigiana di melanzane e i tamarri i piaceri delle letture senza gossip. I vomeresi hanno finalmente imparato a dire “friariello” invece di “friggiarello”, e quelli dei quartieri bassi varcano timidamente le soglie delle librerie. Intanto, nuovi flussi umani provenienti dall’estero si aggiungono alle due storiche tribù italiche, i signori-signori e i pezzenti. Dalla confusione può venir fuori qualcosa di buono. Si chiama tolleranza, pacifica convivenza. Ma ci vorrà tempo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino