Laura, l'argentina più forte della crisi: «Le mie luci sul buio»

Laura, l'argentina più forte della crisi: «Le mie luci sul buio»
È fuggita dalla crisi più nera, quando l'inflazione nel suo Paese d'origine ha toccato quota 200 per cento, e dopo aver vissuto, sin da bambina, la...

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È fuggita dalla crisi più nera, quando l'inflazione nel suo Paese d'origine ha toccato quota 200 per cento, e dopo aver vissuto, sin da bambina, la dittatura del generale Jorge Rafael Videla. «A dodici anni il coprifuoco imposto tutte le sere e i continui controlli dei documenti in strada, certamente peggiori del lockdown per il Covid, mi sono sembrati, però, quasi naturali. E, a 26, ho avuto il passaporto di benvenuta a Napoli. Grazie a Diego Armando Maradona. I tifosi partenopei mi hanno coccolata come se fossi una di famiglia, anche se non ho mai conosciuto il calciatore più famoso: nei bar e nei ristoranti spesso non mi facevano nemmeno pagare; mentre i salari a Buenos Aires erano dimezzati». Argentina come il campione, stessa fame per necessità e ostinazione nel cercare una collocazione nel mondo. «Prima di trovare il mio posto in città, per sette mesi nel 1988, sono stata a Zurigo in Svizzera», traccia la traiettoria con le dita Laura Virginia Brandi, che qui ha creato una milonga tra le più antiche e con l'emergenza sanitaria si è inventata un nuovo lavoro, producendo lumi e abat-jour nel suo appartamento vicino allo stadio di Fuorigrotta, l'ultima tappa della sua storia.

«Ho cominciato con le lezioni di ginnastica in palestra e i corsi di tango in un locale nei pressi di via Scarlatti, al Vomero, fino ad aprire solo con maestri sudamericani un centro in via Martucci a Chiaia, fondando una associazione culturale che è diventata polo di aggregazione tra persone di diverse età e realtà parallele. Difatti, ho ballato il tango nella Galleria Umberto e ho realizzato tante attività. Ma, più che danzare, ho sempre avuto una certa predisposizione nell'organizzazione, che per me significa accoglienza: vuol dire far sentire gli altri a casa», racconta la 57enne nel suo salotto adornato di dipinti di donne e cuscini con le immagini di Frida Kahlo. «È la mia artista preferita, so tutto di lei», afferma con entusiasmo e, volteggiando tra le emozioni, indica una guantiera con due dolci divisi in otto per l'occasione. Un segnale di dolcezza e di attenzione in un periodo complicato. «Chiuso il Salon Bairesper le misure di riduzione del contagio del coronavirus, è difficile anche solo pensare alla riapertura», ragiona Laura e, sullo sfondo, si vede un suo volto disegnato: è ritratta stretta, quasi aggrappata, a un uomo che invece ja il viso nascosto. «Non è necessario conoscere i passi per forza: ai principianti è suggerito di abbracciare il partner che non è quasi mai il compagno e, più spesso, uno sconosciuto: devono affidarsi... Un gesto che può essere imbarazzante, figurarsi ora. Con la paura di contrarre l'infezione». Ma Brandi vuole, deve lavorare: «Ho, dunque, trasformato una passione in un mestiere», sorride dietro la mascherina e solleva lo sguardo verso le sue opere. Lampade di differenti grandezze, in ogni angolo, dai mille colori, sono poggiate sui mobili, sui comodini e sul gres. Tutte sono a forma di fiori. «Adoro i fiori», ripete l'artigiana che espone su una pagina Facebook denominata Luci di Lau. È la sua vetrina, altrettanto fai-da-te, in ampliamento con un sito web e contenuti presto su Instagram. Il suo laboratorio si trova invece nell'ex cameretta della figlia, e la scrivania-bancone giorno e notte è occupata da un asciugacapelli speciale, che ha una doppia velocità. «Utilizzo elementi riciclati, ad esempio bottiglie di plastica tagliate a metà, mischiati a materiali scoperti per caso. Con un isolante termico, che ha la consistenza della schiuma, modello i petali, utilizzando il calore», dice Brandi, incorniciata da una rosa rossa che la illumina. Questo darsi da fare può essere d'esempio. Per i suoi riflessi: «Non posso stare con le mani in tasca, reagisco. Vedo, o meglio costruisco un'uscita in fondo al tunnel della pandemia». Oltre le metafore. «Le luci sono state sempre importanti per me: al risveglio, se c'è il sole, tutto cambia. E, al tramonto, la stessa sensazione si ha in un appartamento: se l'atmosfera è bella, migliora l'umore», conclude Laura, che si commuove, parlando della sua Buenos Aires. «Non ci torno da due anni, ma i miei nonni sono nati a Villammare in provincia di Salerno». Orizzonti soffusi, più delle lacrime. 

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Il Mattino