Va ad Antonia Arslan la prima edizione del premio letterario Matilde Serao, nato per festeggiare l’anniversario della nascita de «Il Mattino» e la sua...
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La giuria, composta dai giornalisti e dai collaboratori del quotidiano, si è data soprattutto due criteri di selezione: individuare una donna, scegliendola tra quelle scrittrici che, sia pure nelle differenze di tempi e di temi, si trovino in consonanza con l’opera di Matilde Serao.
Per quanto sia nata a Padova, Arslan ha origini «straniere» come le aveva Matilde Serao: la prima armene, la seconda greche (nacque, come si sa, a Patrasso). Sono dunque entrambe portatrici di una memoria culturale che valica i confini nazionali.
Inoltre, Antonia Arslan, oltre a essere una narratrice, è una studiosa e una saggista. E tra i suoi interessi di studi figura quel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento che vide affermarsi molte narratrici italiane, oggi appartenenti a una vera e propria «galassia sommersa». E tra queste, in particolar modo, proprio la Serao e la sua opera poliedrica e versatile.
Gli scritti dedicati negli anni da Antonia Arslan a Matilde Serao ne stanno per l’appunto facendone riemergere il valore, soprattutto per quel che riguarda la produzione novellistica e gli scritti di testimonianza, primo tra tutti Il ventre di Napoli.
Forza del racconto e necessità della testimonianza si trovano anche nell’opera della Arslan, a cominciare da La masseria delle allodole, che le ha dato la fama. Passando per La strada di Smirne e Il rumore delle perle di legno, fino a Lettera a una ragazza in Turchia.
Farsi testimone del genocidio degli armeni ha significato per lei saper ascoltare la voce dei poeti, soprattutto di quel Daniel Varujan del quale si è fatta traduttrice. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino