Era il 2005, il compact disc era ancora il supporto più diffuso per ascoltare la musica, Scampia era teatro di una delle più sanguinose faide di camorra nella storia...
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Ora, a distanza di 15 anni, la band celebra quel disco, risuonando in studio la title track: «Ci siamo accorti – spiega la band – che ‘A camorra song’ io non aveva un video e così abbiamo deciso di festeggiare l’anniversario dell’uscita del disco, registrando una versione live in studio». Nel video, in bianco e nero, realizzato dal regista Felice Iovino, le immagini sono distorte proprio per sottolineare la deformazione mentale causata dalle mafie: «Sentivamo il bisogno di suonare – continua la band – perché a causa del lockdown ci siamo visti annullare il tour del nuovo album, Naples calling (Full Head, 2020), uscito poco prima».
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Ma, ovviamente, lo scenario non è più quello di 15 anni fa: «Il quartiere è cambiato tantissimo – conferma Daniele Sanzone, leader, cantante e autore dei testi della band –. All’epoca eravamo nel pieno di una faida, l’aria era irrespirabile e la tensione si tagliava a fette: un momento storico drammatico». Da allora anche il business criminale non è più lo stesso: «Le piazze di spaccio prima si sono spostate più a nord, verso Melito e il Parco Verde di Caivano, poi purtroppo sono tornate, ma la metodologia di smercio della droga al dettaglio oggi è diversa: le persone non entrano più nel quartiere con l’auto e comprano le dosi, attraverso le feritoie dei muri, non ci sono più cancelli e porte blindate, come raccontava lo stesso Saviano in Gomorra. Oggi le piazze di spaccio si sono spostate dal reale al virtuale».
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Uno scatto in avanti che non riguarda solo l’attività criminale: «A Scampia c’è stato anche un tentativo di riqualificazione, si pensi solo alla fermata della metropolitana con le foto degli artisti (tra cui c’è anche quella dello stesso cantante, ndr) e alla piazza adiacente con i murales di Jorit, ma sono cambiamenti piccoli. Quello che aspettavano i nostri genitori, quando occuparono le case qui a Scampia dopo il terremoto del 1980, ovvero lavoro e sviluppo, non è mai arrivato. E finché mancherà quello, potremmo parlare di un cambiamento gattopardesco, dove sembra che ci siano grandi mutamenti e invece tutto resta invariato».
Non è solo apparente, invece, l’evoluzione musicale vissuta dagli ‘A67: «In questi 15 anni è cambiato il mondo, in particolare la musica: il modo di suonarla, proporla e ascoltarla, quindi, inevitabilmente siamo cambiati anche noi, anche se non tantissimo – spiega Sanzone –. Per certi aspetti il nostro ultimo disco, Naples Calling, è molto simile ad ‘A camorra song’ io: anche lì c’erano molte canzoni d’amore e la stessa voglia di raccontare il mondo dalla nostra prospettiva. Al tempo stesso, è come se avessimo indossato un nuovo vestito: gran parte delle canzoni del nuovo album sono in italiano e c’è molta più musica elettronica. Ma sarebbe impensabile, 15 anni dopo, continuare a fare le stesse cose». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino