“Io sono un trascrittore di pensieri, più che uno scrittore”. Diceva così Totò a chi gli chiedeva del suo lato più personale che spesso si...
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Antonio de Curtis e Totò, due facce della stessa medaglia che non si incontravano mai: o c’era l’uno o c’era l’altro. L’uno celebre per battute e macchiette indimenticabili l’altro sconosciuto ai più che scriveva versi su piccoli pezzi di carta e sui pacchetti delle sue sigarette. Versi pieni di poesia e di riflessione acuta sul mondo come “'A verità vurria sapè che simme/'ncopp' a sta terra e che rappresentamme:/gente e passaggio, furastiere simme;/quanno s'è fatta ll'ora ce ne jammo!”. Antonio de Curtis preferiva scrivere nel suo dialetto, la lingua della sua anima che gli risuonava familiare e armonica, ma ha scritto tanto anche in italiano.
“Voglio condividere quello che ho scoperto – ha detto Enzo Decaro - accedendo alle sue carte private, che per me è molto superiore a quanto mi aspettassi. Così ho capito quanto il percorso artistico di Totò avesse in cabina di regia Antonio de Curtis”. Infatti si racconta che a un certo punto Totò ammettesse di aver creato dei personaggi per poi darli in pasto a Totò. Enzo Decaro ha deciso di portare sul palco questo aspetto delicato e privato di Totò perché, ha scpiegato, “Vorrei gettare il dubbio, il seme della ricerca in tante persone per andare oltre Totò a cercare la grande vena poetica e ispirativa di Antonio de Curtis poeta, che credo essere uno dei più grandi del nostro ‘900”. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino