Caraturo, electropop con dedica a Carella

Aveva esordito con una buffa - e di successo - rilettura della sigla di «Goldrake», aveva dato bella prova della sua irrequietezza melodica nell’album...

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Aveva esordito con una buffa - e di successo - rilettura della sigla di «Goldrake», aveva dato bella prova della sua irrequietezza melodica nell’album d’esordio «Ciò che desidero» (2005), poi aveva faticato a definire il proprio contributo alla scena cantautorale italiana. Rieccolo, finalmente, brillante come il singolo di ritorno, «Lontano lontano lontano», piaciuto quest’estate alle radio, ma ancor più come l’album appena uscito, «38° parallelo», quello che separa le due Coree, zona demilitarizzata che riporta alla mente la sua scelta da obiettore di coscienza più che il crinale di una possibile crisi mondiale.

Nel disco pubblicato dalla New Music International, infatti, si parla e si canta di amore, tra Lucio Battisti e l’electropop anni Ottanta, tra i Tiromancino e il neoromanticismo di Mario Venuti, non a caso prodotto, come Alessio, da Seba. Classe ‘72, attento forse più al sound che alle parole come la nuova scena cantautorale indie, riparte da «Non è vero», secondo singolo estratto dall’album, dai tumulti di passione di «Non è primavera», dalla psichedelia soft pop di «Transfert» del già menzionato Seba, da «Così senza parole», dallo scanzonato motivetto di «La due cavalli», dal pop estivo-adolescenziale-anni Settanta di «Col cuore in gola». Ma il disco trova le sue sorprendenti vette in due momenti inattesi, o forse nelle due «macchie» che gli estimatori di Caraturo (all’anagrafe con due «r»): l’unico brano in napoletano, «Si me vuò’ bene», più corposo, carnale, feroce, appassionato (a proposito: lo ricordate in «Passione» di Turturro intonare «Malafemmena» come una preghiera profana tra i turisti del centro storico?), quasi un mantra gragnanielliano ma con approdo digitale; la cover-omaggio di «Malamore»: «Enzo Carella e Pasquale Panella sono la coppia più geniale a livello di composizione autorale e musicale che l’Italia abbia avuto», spiega lui, in qualche modo spiegando anche per quale Battisti tifa. «A mio parere hanno messo in atto un’azione culturale oltre che artistica, ma non hanno mai avuto il doveroso merito e riconoscimento. “Malamore”, con il suo testo, è un esempio di visione di un amore non tradizionale e quindi di rottura con la musica a cui siamo abituati. Nell’anno della morte di Carella ho ritenuto doveroso, oltre che un onore, ricordarlo interpretando la sua canzone», conclude Alessio, troppo adulto (classe ‘72) per approfittare del boom indiecantautorale, troppo anomalo per accettare la retorica cantautorale delle generazioni che l’hanno preceduto. Un bel tour dal vivo sarebbe prezioso per la sua carriera, a questo punto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino