Allevi, il sisma e l’impossibile «Equilibrium» del pianista

In copertina i due Allevi, quello più pop, e quello più classico, provano a tirare per i capelli l’ Allevi centrale, quello...

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In copertina i due Allevi, quello più pop, e quello più classico, provano a tirare per i capelli l’ Allevi centrale, quello dell’«Equilibrium» che non c’è. Il neopianista più famoso, e discusso, d’Italia torna domani con un doppio album, «più instabile che equilibrato, nonostante il titolo, consapevole che il meglio di me l’ho sempre dato mentre mi sbilanciavo», assicura lui.

 
Così «Equilibrium» divide le due anime del compositore: nel primo cd cinque brani di piano solo e cinque con gli archi dell’Orchestra Sinfonica Italiana ad accompagnare i tasti bianchi e neri; nel secondo il Concerto per pianoforte e orchestra n.1, scritto per il virtuoso americano Jeffrey Biegel, che lo esegue sotto la sua direzione.
Anche l’ispirazione del disco è doppia/duale: «È nato dopo un buen retiro su un’isola nell’Atlantico, ma anche dopo l’operazione agli occhi di giugno. Momenti diversi, anzi simili, di silenzio cercato, di buio forzato, di equilibrio mai raggiunto».
 
In fondo, però, i due Allevi così diversi non sono, soprattutto se si pensa che il massimo della modernità spunta proprio nel Concerto composto per Beagles: «È un esperto di Liszt e Rachmaninov, ma ha lavorato anche con Keith Emerson, così che nel terzo dei tre tradizionali movimenti c’è un approdo progressive che ci dice come i due mondi possano tentare di fondersi, invece di guardarsi in cagnesco». Il maestro americano, che vanta collaborazioni anche con Bernstein, è il primo pianista per cui l’uomo di «Joy» abbia mai scritto: «Mi ha cercato via email, mi sono sentito orgoglioso della sua attenzione e gli ho promesso che avrei scritto un intero concerto per lui. Così ho dovuto farlo davvero».

Il 15 novembre Giovanni ritroverà Beagel al piano, e l’Orchestra Sinfonica Italiana diretta da Jeffrey Reed, per aprire il nuovo tour al teatro dal Verme di Milano. Poi metterà da parte spartito e formazione da 60 elementi per accontentarsi del suo fedele pianoforte e di una sezione d’archi, con cui girerà l’Italia sino al 23 aprile 2018, quando è atteso al Diana di Napoli.

In scaletta, con i successi personali, anche «No words», uno dei brani più densi dell’album: «È nato il 25 agosto 2016, il giorno dopo il terremoto. Ero nella mia Ascoli Piceno con la famiglia. Altro che panico, ho avuto paura, terrore per me, e non solo, ho visto paesi distrutti, vite spezzate, sconvolti i luoghi delle estati della mia infanzia. Sono rimasto senza parole, il piano evoca l’onda sismica, gli archi l’onda della paura, il grido di chi ha vissuto quell’esperienza. Ma, alla fine, c’è la speranza di un accordo in maggiore».

Presentazione napoletana mercoledì 25 ottobre, alle 18 alla Feltrinelli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino