«Un attore di teatro con più di 30 anni di carriera oggi guadagna 250 euro lordi al giorno, con cui paga vitto e alloggio. Con l'arte non si mangia»,...
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Di Palma: «Purtroppo, gli attori appartengono a una categoria che non riesce ad avere un vero spirito sindacale. Chi lavora, che so, a Genova non sa quel che accade al collega di Napoli. Gli attori sono gli ultimi anelli di una catena che parte dalle istituzioni, perché il teatro non si regge da solo sulle proprie gambe. Se il danaro pubblico arriva in ritardo, ne risentono le sale, i produttori e, via via, tutti gli altri. Questa verità è nota. Tutti noi, quasi sempre, reagiamo con pazienza e sano realismo; a volte con rassegnazione, altre con l'irritazione del momento».
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Quali cause inceppano il meccanismo, almeno per quanto riguarda i teatri pubblici? Luca De Fusco, fino a dicembre scorso direttore dello Stabile di Napoli, sintetizza la situazione: «Dai tempi di Molière i teatri non vivono dei soli incassi, ma soprattutto di fondi pubblici. Perciò Molière si preoccupava del successo delle sue commedie a corte. Purtroppo, rispetto da altre regioni, il sistema politico campano vive in costante precarietà. Il Comune di Napoli, socio dello Stabile con Regione e Città metropolitana, è quasi in dissesto e paga con grave ritardo. La Regione sta appena meglio, ma la rendicontazione dei fondi europei - preziosi, intendiamoci - pretende una efficienza e una meticolosità che acuiscono il problema... E la Campania è molto più avanti rispetto ad altre regioni del Sud, che ancora non hanno capito la loro importanza vitale». In questo modo - aggiunge De Fusco - «il pagatore diventa cattivo pagatore, ma non per colpa sua. La trasparenza cui è soggetto fa escludere, ovviamente, il tornaconto personale di qualcuno». E lo Stato? «Fa la sua parte. Al Sud, a volte, dà più soldi che al Nord, ma la puntualità assoluta che ha nei pagamenti si scontra, alla fine, con la burocrazia dei fondi europei e le labili finanze degli enti locali meridionali. Quando ero direttore allo Stabile del Veneto, Regione e Comune pagavamo alle scadenze previste. Sempre. A Napoli questo non avviene. Il meccanismo si inceppa e produce un altro problema: ben conoscendolo, molte compagnie non chiedono neppure di venire a recitare a Napoli». Già sanno che saranno pagate, come si dice, a babbo morto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino