Nemmeno la pioggia può fermare la coppia più potente dello showbiz americano: nonostante la mezz'ora di ritardo causa temporale Beyoncé e Jay-Z hanno...
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Dal gigantesco maxischermo modulare, che cela la band, passano i capitoli di un film, intermezzi che permettono i cambi d'abito e scrivono una trama con l'amore al centro: l'amore ritrovato dopo la crisi coniugale cantata nei dischi 'Lemonadè e '4:44', ma che esprime anche un messaggio politico sull'esperienza afroamericana e l'importanza del riscatto personale. Il concerto è un flusso quasi ininterrotto di strofe e incisi dove le canzoni non sempre hanno il respiro che meritano.
A spiccare da subito è Jay-Z che già dalle barre inesorabili di 'Cliquè, 'Dirt Off Your Shoulder' e 'Fuckwithmeyouknowigotit' sembra il più in forma dei due. Balletti snodati e coreografie plastiche, fiammate e fuochi artificiali riempiono gli spazi dello show, ma Beyoncé riprende il controllo 'Flawless', che le permette di esibire le sue mosse e sfoggiare la prima prova vocale di energia ineccepibile. Le melodie arabescate di 'Naughty Girl' e 'Baby Boy' e più avanti la versione di 'Mi Gentè di J Balvin sono rare concessioni pop in una scaletta che sottolinea le intersezioni musicali, liriche e di 'attitudè tra hip-hop e R&B. La palette musicale si arricchisce con gli ottoni nel reggae-rap 'Bam' e poi in 'Countdown' e 'Sorry', dove Queen Bey rispolvera i passi dell'ultimo tour, passato proprio di qua. Da parte sua, per l'acclamatissima '99 Problems' Jay-Z rispolvera l'immagine da gangster, con un giubbotto anti-proiettili e foto segnaletiche di icone black come Snoop Dogg e il reverendo Jesse Jackson. A questo Beyoncé risponde con il rock di 'Don't Hurt Yourself', in cui la sua voce graffia e sale in alto, come a breve giro nell'acuto di 'I Carè.
Dopo il raccoglimento di 'Song Cry' e 'Resentment' la seconda metà dello show è una dimostrazione di forza a colpi di hit, cantate nella passerella che attraversa il parterre per il lungo: c'è 'Ni**as in Paris', che anche senza Kanye West fa vibrare l'arena; il ruggito e il messaggio di indipendenza di Beyoncé spostano di nuovo l'equilibrio in 'Formation' e 'Run the World (Girls)', chiosata dalle parole femministe della scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie. Dopo la riflessione sulle disparità sociali e razziali di 'Story of O.J.', arriva il tripudio di 'Déjà Vù e 'Crazy in Lovè, forse i più celebri duetti della coppia, che tra fanfare e balletti sono l'apice dello show. Il finale passa dal vetriolo di 'Freedom' e 'U Don't Know' al pop dell'inno 'Young Forever', che sulle note del tormentone degli Alphaville conclude oltre due ore di sentimento e carisma. Una combinazione esplosiva che i coniugi Carter porteranno anche all'Olimpico di Roma, domenica 8 luglio. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino