Covid, il fronte del palco non riparte: fermi gli show nei palasport

Covid, il fronte del palco non riparte: fermi gli show nei palasport
Grande è il disordine sotto i cieli dei concerti, urgono chiarimenti il più presto possibile. Il decreto che riapre al pubblico gli appuntamenti di spettacolo e di...

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Grande è il disordine sotto i cieli dei concerti, urgono chiarimenti il più presto possibile. Il decreto che riapre al pubblico gli appuntamenti di spettacolo e di sport, lascia in effetti molte zone d'ombra, tali da non permettere, al momento, nessuna possibilità di pianificazione per molti dei grandi tour previsti per l'inverno. Far ripartire i cinema e i teatri in piena capienza va bene, alle discoteche è andata peggio, ma i concerti nei palasport? Possibile che nessun consiglio dei ministri se ne occupi ancora?

Se nei teatri, da lunedì sarà ipotizzabile riempire i posti a sedere al 100%, stante l'obbligo di mascherina e di green pass, lo stesso non sembra valere per gli ambienti più ampi, come i palazzi dello sport, dove al momento sono regolate solo le tappe degli appuntamenti sportivi, che consentono la presenza del 60% degli spettatori della capienza ufficiale. Negli articoli che normano la ripartenza molti i dubbi e i dettagli da specificare, come spiega il salernitano Vincenzo Spera, presidente dell'associazione che raccoglie gran parte degli organizzatori e dei promoter locali del fronte del palco: «Stiamo conducendo una battaglia che soprattutto chiede certezza dei comportamenti, e ci attendiamo entro fine mese una definizione. Ad esempio che si renda noto cosa fare negli ambienti dove gran parte del pubblico sarà in piedi e dove quindi, se permane la necessità del distanziamento, tutto si complica. L'accelerazione di questi ultimi due-tre giorni ci fa ben sperare ma riavviare la macchina non è semplice. Poi bisogna sottolineare come in questo stato di precarietà nessuna assicurazione copre in caso di Covid e dunque chiediamo venga istituito un fondo di garanzia, come è avvenuto in Gran Bretagna, nel caso si debba richiudere all'improvviso».

E se le grandi imprese nazionali aspettano per agire, ritenendo ancora prematuro un commento e una presa di posizione, sono le realtà locali a reclamare aggiornamenti il prima possibile. Il napoletano Peppe Gomez lavora su tutte le principali piazze campane: «La nostra agenzia opera sulle diverse opportunità, i club, i teatri, i palasport, e in estate torneremo negli stadi ma a oggi non sappiamo come regolarci, da qui alle prossime settimane. La perplessità e le preoccupazioni sono di tutti coloro che fanno questo mestiere. Per quello che mi riguarda in prima persona so che probabilmente riusciremo a mandare in porto a Napoli lo spettacolo di Raf e Umberto Tozzi al teatro Augusteo, ma già per Brunori, che al Palapartenope ha già venduto oltre 5.000 biglietti, non ho nessuna sensazione precisa: laddove la platea preveda spettatori seduti e in piedi, regnano molte domande che rimangono inevase. Con il pubblico che, come noi, fatica a capire e che, sentendosi maltrattato, naturalmente protesta».

Insomma, senza indicazioni, con i palasport dove è ammesso il 60% della capienza per gli eventi sportivi, ma con il pubblico seduto, nessuno dei grandi tour invernali riparte. I grandi promoter, che peraltro hanno ancora i biglietti di decine e decine di sold out in tasca da ormai quasi due anni, pressano il governo, ma non troppo. O almeno lo fanno lontano dai riflettori, mentre gli artisti, fino a qualche tempo fa impegnati in prima linea, sembrano silenti. Eppure il fronte del palco non riparte, come conferma l'ennesimo rinvio annunciato ieri: le tappe previste entro il 2021 a Eboli, Bari, Catania, Napoli, Torino, Jesolo, Trieste e Bologna sono state posticipate al 2022.

Che la «ripartenza» festeggiata da Franceschini debba essere ancora messa a punto, lo dice anche, polemicamente come spesso gli accade, Enrico Ruggeri: «Lo Stato ha lasciato soli gli artisti, li ha umiliati con quella frase infelice dei cantanti che ci fanno tanto divertire. Soprattutto ha mostrato poca conoscenza dell'argomento perché il concerto non è un ristorante perché se tu dici da oggi tu puoi suonare davanti a duemila persone io posso organizzare questo concerto tra sei mesi e parlo dei concerti della mia capienza. Non oso immaginare per i concerti di gente come Vasco Rossi dove devi fare una promozione, un'organizzazione capillare per portare 50.000 persone in uno stadio. È evidente che tutto quello che è stato fatto sul mondo dello spettacolo, al di là del disinteresse, dimostra assoluta incompetenza sui problemi veri del mondo dello spettacolo».

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Il Mattino