Domenico Attanasio è morto a 95 anni, Cantanapoli a lutto

Domenico Attanasio è morto a 95 anni, Cantanapoli a lutto
La schiera dei campioni di cantanapoli si assottiglia sempre di più. Se ne è andato Domenico Attanasio, un gran signore sulla scena e nella vita. Aveva appena...

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La schiera dei campioni di cantanapoli si assottiglia sempre di più. Se ne è andato Domenico Attanasio, un gran signore sulla scena e nella vita. Aveva appena compiuto, il 23 ottobre, 95 anni. Nato al Vomero, cresciuto a Coroglio, quando scoppiò la pace gli venne voglia di cantare. Sulla rotonda di un lido spiccava un pianoforte, lui improvvisò «Signorinella». Ad ascoltarlo c'era Gigino Vanorio, fratello di Gabriele, e lo accompagnò da Bianca Santamaria, maestra di altri giovanotti di talento: Lello Di Domenico e Pasqualino, figlio di un salumiere, che in arte sarebbe diventato Tullio Pane. Domenico era all'ultimo anno dell'istituto professionale. Aveva una magnifica voce da tenore, limpida e pastosa. Pensava alla lirica e s'iscrisse a San Pietro a Majella. Vinse il concorso della Rai con altri due giovani degni dell'opera, il baritono Nunzio Gallo e il soprano Mena Centore. Arrivò al San Carlo, un critico lo paragonò a Tito Schipa. Ma alla fine del 1949 irruppe la canzone. Esordì alla radio in «'I te vurria vasa'» e «Adduormete cu mme», al piano Mino Campanino. Tornò ancora al San Carlo, ma il destino era segnato. 

Entrò nella formazione di Gino Campese, cui Anepeta lo strappò perché promise di fargli cantare pure arie da camera. Si rispettava il valore, lui, Gallo e la Centore guadagnavano 2.500 lire a trasmissione, mille più degli altri. 

Prese parte a un solo Festival di Napoli, il primo, nel 1952, e fu secondo con «Varca lucente». L'anno prima aveva sposato Maria, sarebbero arrivati quattro figli. Pensò alla famiglia, cominciò a lavorare come rappresentante di materiali per l'edilizia. Ebbe il tempo di girare il film «Luna rossa» con Claudia Villa Pina Lamara.

L'ambiente canoro s'era involgarito, oramai si sentiva un estraneo. Si ritirò nel 1953, al vertice delle potenzialità. Il successo negli affari e i viaggi lo aiutarono combattere la nostalgia. Fu un quieto borghese nella casa in via Santa Teresa a Chiaia. E tuttavia non rinnegò mai il passato. Gennaro Esca, amico della canzone, scortò da lui Nunzio Gallo, si abbracciarono, piansero. Per salutarlo valga il biglietto che un ammiratore gli lasciò in portineria: «Avite cantato troppo bello, accattateve e sfugliatelle a la salute nosta».

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Il Mattino