Festival del cinema di Venezia, Marilyn Monroe è Blonde: «Oltre il mito per renderle giustizia»

Festival del cinema di Venezia, Marilyn Monroe è Blonde: «Oltre il mito per renderle giustizia»
VENEZIA - Il sorriso di Marilyn, la tenerezza di Marilyn. La sua bellezza esplosiva. La sua disperazione. In «Blonde» di Andrew Dominik, il film più atteso...

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VENEZIA - Il sorriso di Marilyn, la tenerezza di Marilyn. La sua bellezza esplosiva. La sua disperazione. In «Blonde» di Andrew Dominik, il film più atteso della Mostra, c'è tutto quello che sappiamo della diva indimenticabile, «la dea dell'amore del cinema americano», morta misteriosamente a 36 anni nella sua casa di West Hollywood, famosissima, infelice, sola. E c'è quello che non si era mai visto: la Monroe portata di peso da John Kennedy, «carne in consegna», e il presidente steso sul letto che la spinge al sesso orale («non essere timida»), mentre al telefono un consigliere lo avverte che la sua condotta sessuale sta mettendo in imbarazzo l'America. Il disinibito menage a tre con il figlio di Chaplin, Cassie, e quello di Edward G. Robinson. O il «provino» imposto da un potente produttore, una violenza subita in silenzio per entrare nel mondo del cinema. «Come hai cominciato?», le chiede al primo appuntamento Joe Di Maggio, che poi diventerà suo marito. «Diciamo che mi hanno scoperta». «Certo, se ci fosse stato il MeToo le cose sarebbero andate diversamente» commenta Dominik, «ma a quei tempi purtroppo non c'era». 

«Blonde», tratto dal romanzo monumentale di Joyce Carol Oates, prodotto da Netflix e da Brad Pitt che ieri è arrivato a sorpresa sul red carpet in smoking e scarpe da ginnastica bianche e nere, è il ritratto di una donna che volle farsi mito ed è stato per il regista il progetto più ambizioso, anzi «un'ossessione», e per la sua protagonista, la cubana Ana De Armas, l'occasione della vita: «Sapevo che mi avrebbe portato in territori di grande vulnerabilità emotiva, sentivo la responsabilità di interpretarla, ma anche il rispetto, volevo renderle giustizia e capivo, in un modo che non saprei definire razionalmente, di avere la sua approvazione. Tutti avevamo la sensazione di essere lì al suo servizio». Per una curiosa coincidenza, le riprese sono cominciate un 4 agosto (del 2019), e Marilyn morì proprio nella notte tra il 4 e il 5 agosto di sessant'anni fa, molte scene sono state girate a casa sua, tra le sue cose. Dominik racconta di essersi anche sdraiato per dieci minuti nel letto della diva: «Ho immaginato le sue sensazioni di profonda disperazione. A Los Angeles ci sono tracce di lei ovunque, è stato come fare una seduta spiritica». Vedendola in tv in «Cena con delitto» il regista ha capito subito che Ana De Armas sarebbe stata perfetta per il ruolo: «Aveva la stessa luce e gli stessi tratti del viso». E lei ha lavorato per più di un anno per prepararsi alla sfida più difficile per un'attrice: trasformarsi in un'icona restando credibile. «La sognavo, parlavo solo di lei, era come se le cose della sua vita fossero successe anche a me. Alla fine l'ho accettato e ho usato questi sentimenti per creare il personaggio». 

Tutto il film è giocato sulla dicotomia tra la donna Norma Jean Baker, cresciuta senza padre e con la madre rinchiusa in manicomio, e la diva Marilyn Monroe, adorata dalle folle e amata da nessuno come avrebbe desiderato, né dal ruvido campione di baseball italoamericano Di Maggio né dal raffinato scrittore newyorchese Arthur Miller (lo interpreta Adrien Brody). «Persona e personaggio avevano bisogno l'una dell'altra» spiega De Armas, «ho dovuto trovare un difficile equilibrio». Il film andrà su Netflix dal 28 settembre e in America avrà anche un'uscita mirata in sala. È vietato ai 17 anni, «una censura che non merita» commenta il regista, «crea false aspettative nello spettatore». Sulla morte della Monroe si sono fatte mille ipotesi, ma Dominik non ha dato credito ai complottismi: «Non credo all'omicidio, è morta per un'overdose accidentale da barbiturici, comunque una forma molto vicina al suicidio». Il contributo di Brad Pitt? «È il mio migliore amico, mi è stato vicino, senza di lui il film non si sarebbe fatto». E cosa ha imparato Ana da questa esperienza? «Ho imparato ad essere più empatica e a proteggermi di più dalle pressioni esterne. Ho capito che Marilyn era molto forte e ho fatto il meglio che ho potuto. Ora vada come vada». Ma qual è stata l'indicazione più importante avuta dal regista? «Mi ha detto: devi prepararti ad avere il cuore spezzato». 

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Il Mattino