Sanremo, Meta & Moro subito in testa. E Virginia strapazza Baglioni

Inviato a Sanremo Baglioni, il Gentiloni della terra dei cachi, apre come preferisce, cantando, ha scelto «Via», ma non è un messaggio di pentimento, anzi....

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Inviato a Sanremo

Baglioni, il Gentiloni della terra dei cachi, apre come preferisce, cantando, ha scelto «Via», ma non è un messaggio di pentimento, anzi. Ormai al Festival si trova bene e si vede, è sempre più disteso, anche gli ascolti della seconda serata, nonostante il calo fisiologico sulla prima, giocano dalla sua parte dopo il boom del debutto. Una media di 9.687.000 telespettatori pari al 47,7% di share, un punto di percentuale in più (ma la platea è più ristretta) rispetto al Conti dell'anno scorso, due in meno rispetto a quello del 2016, sei in più nel confronto con il 2015.


La Rai gongola, mentre all'Ariston cerca di dipanare l'intrigo di vicoli e delitti che è diventato il caso «Non ci avete fatto niente», il pezzo scritto da Ermal Meta e Fabrizio Moro con Andrea Febo. Dopo un expertise che sembrava però deciso fin dall'inizio, a Viale Mazzini hanno stabilito che la canzone resta in gara, perché è lecito autocitarsi per un terzo, direbbero i commi del regolamento. Eppure c'è un pezzo, scritto dallo stesso Febo con lo stesso Moro, che ha un ritornello identico, per musica e parole. Si intitola «Silenzio», è stato presentato da Ambra Calvani e Gabriele De Pascali al Sanremo Giovani 2016 ed era disponibile sul sito Rai sino allo scoppiare della polemica. Per un minuto e tre secondi i due pezzi sono identici. «Il silenzio» recita: «Non mi avete tolto niente, non avete avuto niente, questa è la mia vita che va avanti oltre tutto e oltre la gente». Quelli del brano (ri)ammesso: «Non mi avete fatto niente, non mi avete tolto niente, questa è la mia vita che va avanti, oltre tutto, oltre la gente».
 
Sono solo canzonette, si dirà, ed è vero, com'è giusto che i due cantautori difendano la propria buona fede, ma ve lo immaginate un film in concorso a Cannes che per un terzo sia uguale ad un altro, sia pur passato inosservato? Il refrain, in questo caso poi, «fa» la canzone. Nessun plagio, ma anche nessuna possibilità di parlare di citazione (un po' troppo lunga) o di campionamento. Ma lo spettacolo deve continuare e continua, se i due, partiti favoriti, dovessero vincere, la polemica si riaccenderà. Altrimenti servirà a rimettere mani su un regolamento che fa acqua, ammettono gli organizzatori.

Per non fare acqua e portare a casa anche la terza serata, oltre ai duetti baglioniani con Negramaro («Poster») e Gino Paoli («Il nostro concerto» di Bindi e «La canzone dell'amore perduto» di De Andrè con Danilo Rea al piano), ecco allora arrivare a sorpresa Virginia Raffaele, copresentatrice due anni fa, ospite della serata finale nel 2017, stavolta nei panni sensualissimi di se stessa per giocare con il sex symbol Baglioni («ci sono più milf qui che alle terme di Saturnia»), la sua età («sei come il vino che ogni anno invecchia»), il suo stile («sembri lo zio di Gianluca Vacchi»), la sua prima fidanzatina (la «vecchia che balla» dello Stato Sociale), Conti («dopo tre anni che conduceva uno di colore ci voleva un bianco»), gli omaggi («Bacalov, Battisti, Tenco, Baglioni, è bello ricordarli»). CB imita sculettando la Belen di Virginia, lei ricambia duettando con lui «Canto anche se sono stonata», classico luttazziano già cavallo di battaglia di Mina, roba da «Studio uno», e non è certo un'offesa.
 

Il resto è musica. Con l'amarcord di James Taylor («Fire and rain», «You've got a friend» con Giorgia e una versione folk di «La donna è mobile»), i quattro Giovani in gara (la proposta migliore, e per una volta anche in testa della classifica parziale demoscopica, è la rapfilastrocca dell'italo-congolese Mudimbi), dieci Campioni: Caccamo prova a credere nella sua canzone, Lo Stato Sociale gioca di nuovo con Paddy Jones, Enzo Avitabile e Peppe Servillo recuperano posizioni in classifica grazie ai voti della sala stampa stregata dalla classe di «Il coraggio di ogni giorno» ma ancor di più dal pop neosinfonico di Max Gazzè, oltre che dalla band di «Una vita in vacanza» e dalla applauditissima coppia Meta-Moro. Poi Barbarossa, Facchinetti-Fogli, Noemi con il seno da fuori, l'eleganza di Biondi, l'energia percussiva dei Kolors. Il resto del resto è ordinaria amministrazione, come Favino che chiama in causa Steve Jobs e la Hunziker paladina dei diritti delle donne. La formula è ormai rodata, Baglioni tira su lo show con le sue canzoni (Emma D'Aquino gli permette di giocare con «Sabato pomeriggio») e quelle dei grandi cantautori (c'è anche un accenno al Rino Gaetano di «Gianna»), il concorso viene «sopportato» tra un picco d'audience e un altro, il tormentone sul celebre fondoschiena di Michelle/Roberta, una gag di Nino Frassica. Stasera la finale dei giovani e le autocover dei big, domani l'ultima maratona. Poi torneremo ad altre canzoni. Panta rei, anche Sanremo, per fortuna. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino