Fulminacci a Sanremo: «La mia canzone è frutto di un furto di identità»

Credito Filiberto Signorello
«Quest’anno al Festival è la musica la protagonista assoluta, senza scuse».  Dice Fulminacci, il cantautore romano con un nome che nasce dal gioco di...

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«Quest’anno al Festival è la musica la protagonista assoluta, senza scuse».  Dice Fulminacci, il cantautore romano con un nome che nasce dal gioco di parole del cognome (Filippo Uttinacci) e l’esclamazione tipica dei fumetti anni ’60 (Braccio di Ferro, Tex). Lui sul palco dell’Ariston c’è già stato: era il premio Tenco 2019, vincitore per la categoria Opera Prima. Torna questa volta in gara al Festival, dal 2 al 6 marzo, tra i campioni. Il brano si intitola Santa Marinella, dalla struttura molto tradizionale, diretto da Rodrigo d’Erasmo. Dopo Sanremo, un nuovo disco - “Tante care cose” -  «dove ci saranno tutte le mie facce», dice timido ma molto gentile. 

Come sta vivendo questa viglia di Sanremo?

«In modo serio. È una bella responsabilità. Quando ho sentito la voce (quasi intoccabile per me) di Amadeus, volto che associo alla tv, ho avuto una reazione quasi glaciale. Avrei dovuto ringraziarlo di più. Ma mi ha spiazzato».

 

Per lei, che ha 23 anni, il Festival che le ricorda? 

«La mia famiglia, riunita attorno alla tv a guardarlo. Mi colpì molto l’edizione con Elio e Le storie tese, per l’essere democratico e raggiungere i gusti di tutti. E io spero di piacere al pubblico di Rai 1». 

 

L’Ariston lei già lo conosce.

«Sì, ma al premio Tenco non ero vestito da Sanremo. Essere qui è un traguardo importante, la cosa più bella che potesse succedermi. Soprattutto dopo un anno che non si suona dal vivo. 

 

Dal vivo, ma senza pubblico. 

«Sarà come fare le prove: ci saranno milioni di telespettatori (sorride, ndr). Mi aspetto di divertirmi, di lanciare insieme a tutti gli altri il messaggio che la musica è più forte del Covid». 

 

É davvero il Festival della ripartenza?

«O il Festival della guerra e di noi che non ci arrendiamo». 

 

Santa Marinella, canzone che parla d’amore. É vero che racconta la storia di un suo amico? 

«È proprio vero. Ho fatto un furto di identità (ride, ndr). L’ho scritta due anni fa, facendola mia».

 

E nella serata dei duetti? 

«Per me, sarà la serata del trio: ci saranno Roy Paci alla tromba e Valerio Lundini, spalla rap. Ho scelto “Penso positivo" di Jovanotti per farmi conoscere con un genere opposto da quello che sto portando in gara, ma che mi rappresenta lo stesso».

Lei arriva da un sostrato fuori dal mainstream. 

«Sì, anche se quello che si chiama indie non esiste più ed è tutto tutto pop italiano sotto il denominatore comune che si chiama musica». 

Sarà curioso di vedere gli altri artisti in gara?

«Mi piacciono tutte le nuove leve. Sono curioso di sapere cosa hanno portato al Festival. Se sono andati sulla tradizione o sulla rivoluzione. Sarà una bella sfida». 

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Il Mattino