Gianluca Grignani al Duel Club di Pozzuoli: «I Maneskin? Potrei scrivergli un brano»

Il concerto martedì al Duel di Pozzuoli

Gianluca Grignani
Come i rocker maledetti di una volta, Gianluca Grignani coccola una vita spericolata con le sue canzoni, o forse è il contrario. Però è anche un problema di...

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Come i rocker maledetti di una volta, Gianluca Grignani coccola una vita spericolata con le sue canzoni, o forse è il contrario. Però è anche un problema di immagine pubblica: dopo il suo debutto, a Fontaneto D'agogna (Novara), finito sotto i riflettori dei media quando abbandonò il palco per problemi di amplificazione («qui non si capisce un c...»), il tour di «Residui di rock’n’roll» è tornato (finora)a far parlare di sè solo per il profilo musicale. Martedì il cinquantaduenne cantautore milanese è atteso al Duel Club di Pozzuoli. Con lui Salvatore Cafiero (chitarra solista e cori), Frè Monti (chitarre e cori), Valerio Combass (basso), Luigi Russo (tastiere) e Antonio De Marianis (batteria).

Perché «Residui» di rock and roll? Che cos'è successo al rock? O a te, Gianluca? 
«Lasciarsi dietro residui di rock’n’roll vuol dire andare avanti, esorcizzare le cose che abbiamo dietro e vivere il futuro. Non so che cosa sia successo al rock. So che adesso mi dicono che sono rock, prima no. Non so cosa è cambiato, ma so che il mio linguaggio è rock’n’roll. E so che il rock’n’roll è il linguaggio del popolo».

Sempre in tema di rock: come vedi il fenomeno Maneskin? 
«I Maneskin dovrebbero essere un buon esempio per chiunque abbia voglia di aprirsi, sono la dimostrazione che ora si può fare quello che prima non si poteva. Se vogliono gli scrivo una canzone destinata a rimanere nel tempo, non soltanto nello spazio».

Sul palco celebri trent'anni di carriera. 
«Lo show è fatto prima di tutto dall’energia che la gente ti dà. A livello di scenografia sul palco ci sono persino le fiamme, è da vedere. Con il tecnico luci Walter Luzzo e il mio chitarrista Salvatore Cafiero abbiamo creato un concerto in cui ti emozioni subito, fin dall’inizio, ed esci che sei sudato ed esaltato. La musica fa la differenza: ci può anche essere un panno nero dietro, ma se la musica è energia, è come esibirsi su di un arcobaleno».

Tre decenni in tre canzoni? 
«Non me lo chiedere, non li so riassumere, e poi ne verranno degli altri. “La fabbrica di plastica” rappresenta il primo decennio, mentre, per assurdo, “Destinazione Paradiso” l’ultimo».

Ti porti dietro una fama di artista fragile, ma negli ultimi tempi molti ragazzi, da Sangiovanni in poi, hanno denunciato lo stress da successo, da pressioni discografiche. Che cosa ne pensi? 
«Se Sangiovanni avesse vissuto quello che ho vissuto io agli inizi, ora sarebbe morto di fatica. Se sono ancora qui, è un miracolo. Mi sono sfogato con “La fabbrica di plastica”». 

«Residui di rock’n’roll» non è solo un tour. 
«È vero, questo giro di concerti è solo l’inizio di un progetto lunghissimo. Dopo il tour ci saranno prima un libro (che uscirà prima dell’estate), poi un singolo, il primo capitolo della trilogia “Verde smeraldo” (che riguarderà il passato) e, a seguire, il secondo capitolo che parlerà del presente e poi il terzo che parlerà del futuro».

Grignani cantautore: i tuoi cantautori preferiti 
«Lucio Dalla, Vasco Rossi, Franco Califano e Luigi Tenco, Francesco De Gregori e... tanti altri».

Grignani rocker: i tuoi tre brani preferiti di tutti i tempi. 


«La Fabbrica di plastica”, “Sunshine of your love” dei Cream e “Voodoo child” di Jimi Hendrix».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino