Gigi Finizio al Palapartenope, doppio tutto esaurito con l'abbraccio di Nino D'Angelo

Gigi Finizio al Palapartenope, doppio tutto esaurito con l'abbraccio di Nino D'Angelo
Nella narrazione omologata dominante in città fa più notizia un teatrino off pur vuoto o una mostra sfigata pur deserta dei due tutto esaurito di Gigi Finizio al...

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Nella narrazione omologata dominante in città fa più notizia un teatrino off pur vuoto o una mostra sfigata pur deserta dei due tutto esaurito di Gigi Finizio al Palapartenope, risarcimento minimo, per il cantante e soprattutto per il suo pubblico, del concerto previsto allo stadio nel 2019 (quando ancora si chiamava San Paolo) e di quelli programmati l'anno scorso all'Arena Flegrea, cancellati per Covid. L'ex bambino prodigio della Sanità si porta avanti di qualche settimana celebrando, a 56 anni, il suo primo mezzo secolo di canzoni: ha iniziato a 7 anni con le melodie di Sergio Bruni, ma nemmeno questo scuote i soloni spacciatori di kultura sotto vuoto spinto. Nemmeno l'arrivo sul palco, a sorpresa per il pubblico, venerdì sera, nel secondo dei due live, di Nino D'Angelo assume il tono dell'evento per chi continua a considerare la produzione «alta» e «colta» come contrapposta a quella popolare.

L'abbraccio sul palco del Palapartenope tra i due ricorda una stagione in cui lo scugnizzo in jeans e maglietta, il padrone di casa e Patrizio, poi stroncato da un'overdose, riformarono dall'interno lo stantio mondo di cantaNapoli. Sono gli stessi anni Ottanta raccontati in «È stata la mano di dio», ma vissuti in e con un'altra parte della città, diversa da quella di Sorrentino, per qualcuno complementare, per altri alternativa, a sancire l'impossibilità di dialogo tra «le due Napoli». Se da sinistra arrivavano gli eretici squilli di tromba della Nccp, di Pino Daniele, di Edoardo Bennato, del contingente del neapolitan power, a chiudere la stagione veteromelodica dei Festivàl ci pensava - dall'interno - l'ispirazione neomelò di quei ragazzi che aggiungevano i ritornelli e la disinvoltura sessuale del pop nazionalpopolare ai fonemi veraci ed agli amori romantici che fino a quel momento avevano dettato legge sul fronte canoro più verace.

In quel doppio duetto tra Gigi & Nino - l'omaggio a D'Angelo di «Mentecuore» e l'antica collaborazione di «Dieci anni fa» - c'è il riassunto di una stagione rimossa, eppure centrale nella costruzione del nuovo immaginario cittadino, piaccia o meno. Non a caso dopo, in scaletta, arriveranno i duetti con Valentina Stella, sua Carnalità, e Lino Cannavacciuolo: lei è ugola di appassionata tradizione, lui scatena il suo violino in «Tu nun o ssaje», prog melodico che mostra la voglia di cambiare di Finizio, testimoniato anche dalla grana della sua band. Passato e futuro, insomma, radici e ali. 

La cronaca del concerto (tra gli ospiti anche Marco Fasano) parla di un successo senza se e senza ma, più di tre ore con una trentina di brani - una cinquantina quasi con il ricorso ai medley - scelti nell'arco di questi primi cinquant'anni finiziani: da «Io torno», titolo anche dell'ultimo album, pubblicato a puntate, a hit regionali come «Lo specchio dei pensieri», «Fammi riprovare», «A modo mio», «Amore amaro». Come sempre, il meglio viene dalla voce mai abbrucata di Gigi, velluto partenopeo, canto libero che cerca approdi inattesi, anche quando i versi lo condannano al ruolo di eterno trottolino amoroso. 

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Il Mattino