Ci vuole un fisico bestiale, ma anche amore per la musica, per attraversare cinquant’anni di canzonette come i Pooh. Che hanno appena annunciato la decisione di sciogliersi...
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Il vostro tour per ora non ha una data napoletana, nè campana.
Red Canzian: «È vero, ma ci sarà, dobbiamo solo trovare il posto giusto. Abbiamo allargato il numero dei nostri concerti anche per il piacere di tornare qui, una città che merita il riscatto che sta conoscendo, di non essere più tirata in ballo solo per gli stereotipi tutti sole, pizza e mandolino, che se riconquista il titolo di capitale del turismo lo fa nel nome della cultura che tutti i napoletani portano dentro: anche chi non ha studiato, ha nel dna una storia importantissima».
Roby Facchinetti: «Non si può immaginare un tour, tanto più se di addio, senza passare da Napoli. Lo abbiamo fatto agli inizi negli anni Sessanta, quando bazzicavamo spesso un locale di Fuorigrotta chiamato Piper come quello di Roma. Lo abbiamo fatto quando, per primi, abbiamo affrontato gli stadi. Lo faremo anche con questo ultimo valzer».
Fogli: «Lo ricordo bene quel club, c’erano davvero le donne più belle del mondo come mi aveva promesso Facchinetti, anche se da noi volevano l’amore romantico più che il sesso. Non sempre, però, per fortuna».
Nel 1990 incideste « Napoli per noi». Erano gli anni in cui la Lega sparava a zero sulla città e tutto il Sud.
Stefano D’Orazio: «E noi la scrivemmo anche per questo. Ricordo che alla vigilia del concerto milanese in piazza del Duomo il questore ci suggerì di evitarla per non provocare disordini, ma noi la proponemmo all’inizio: arrivò qualche fischio, ma poi fu un trionfo assoluto. Noi non possiamo non dirci napoletani, o almeno aspirare ad esserlo un po’».
Napoli «la città tradita che sa perdonare/ grande luna park dell’America invadente/ e figlia senza amore di un’Italia assente» cantavate. Ma anche, ed era il 1990 del secondo scudetto maradoniano, « Napoli che canta e non s’arrende./ Si lecca le ferite e si reinventa sempre/ stesa su un vulcano solo mezzo addormentato, / che gioca con la vita e vince il campionato. / Napoli città di terni al lotto/ di gente che ogni giorno è sempre una scommessa». Scommettiamo sul terzo scudetto?
Fogli: «Mi sa che ci conviene salutare la capolista, per la Fiorentina speranze non ce ne sono, se n’è convinto anche Renzi».
Canzian: «Se Sarri e Higuain vincono veniamo di corsa a goderci la festa».
Facchinetti: «E a ricantare “ Napoli per noi”: in coro con tutti i napoletani».
In attesa dei concertoni - Arena di Verona, gli stadi, e poi i palasport - la festa del mezzo secolo di Pooh passa da Sanremo, superospiti della serata conclusiva del 14 febbraio. Se ognuno di voi dovesse scegliere una sola canzone da proporre come simbolo della vostra carriera?
Fogli: «Troppo difficile: “Piccola Katy” sarebbe arcaica, ma come non farla? E pure “Pensiero”, no?».
D’Orazio: «A parte tutti i successi nazionalpopolari, io farei “L’ultima notte di caccia”, che appartiene al nostro repertorio più sociale. Abbiamo cantato l’amore, sapendo quando conta nella vita di tutti noi, e l’abbiamo fatto con le parole di un poeta come Valerio Negrini, ma abbiamo cantato anche temi sociali».
Battaglia: «Se siamo ancora qui molto lo dobbiamo davvero a Negrini, che ci manca tanto. Io, comunque, sceglierei “Dove sto domani”, finestra aperta sul domani, che è sempre cambiamento».
Facchinetti: «Io “Parsifal”: la nostra essenza in 11 minuti».
Canzian: «Non fosse lunga sarei d’accordo, ma propendo per “Uomini soli”, con quell’intuizione, sempre di Negrini, del dio delle città che veglia su di noi, ma si distrae spesso. Un concetto abbastanza partenopeo, credo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino