Com’è bella la città vista dall’entrata del Palapartenope: due lunghissime file rumorose e felici, una forse un po’ più giovane,...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Fabio De Caro esce per primo, dopo che dj Roberto Funaro ha fatto «pariare» la folla con la sua selezione terronista. L’attore ha scritto una lettera al fratello maggiore adottivo che non ha mai conosciuto, che gli ha mostrato la città e i suoi concittadini attraverso le sue canzoni. Si racconta tra i tanti smarriti al momento della sua scomparsa. Poi un ghigno: «Me chiammo Malammore, o guardaspalle ‘e don Pietro Savastano». Qualcuno in platea lo guarda stranito, il suo volto s’è fatto malvagio: «No, no, io sono Fabio De Caro e quelli come Mallammore, quelli che infangano la bellissima terra mia, li odio nel profondo. Ma nonostante tutto il sangue, nonostante tutti gli abusi - che tu già denunciavi 40 anni fa e “’nisciuno se ne’mpurtava” - nonostante il dolore che questa gente provoca, ti devo confessare che Napule oggi è più bella che mai». Parla con Pino del rinascimento turistico, fa il segno delle corna e dice «scio’» a quelli che vorrebbero lavarci con il fuoco. Ringrazia per aver reso Napoli migliore, più bella. Sue, sono le uniche parole non cantate della serata, insieme con quelle di Maurizio de Giovanni, fin dalla prima edizione testimonial d’eccezione dell’evento. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino