Il primo super ospite internazionale del Giffoni Experience 2015 è Mark Ruffalo. E mai come in questo caso l'aggiunta “super” è appropriata, poiché il 47enne attore...
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Mister Ruffalo, la sua presenza a Giffoni è un'occasione per approfondire le origini italiane della sua famiglia.
«In questi giorni la mia italianità è esplosa. Fin da bambino sono cresciuto in una famiglia molto attenta alla cultura d'origine, nonostante fosse negli Stati Uniti dalla seconda metà dell'Ottocento. Amavo passare ore accanto a mia nonna e guardarla cucinare piatti tipici come la parmigiana o il ragù che deve cuocere per tre giorni. La visita, però, mi ha fatto capire quanto forte sia questa mia appartenenza. Non a caso, tra le mie fonti d'ispirazione, oltre a Brando c'è anche il grandissimo Marcello Mastroianni, mentre tra i film recenti ho amato “Il postino” con Troisi e “La grande bellezza” di Sorrentino».
Durante l'incontro con i giurati, lei ha fornito un'interpretazione originale, un po' alla napoletana, del tema conduttore dell'edizione 2015, Carpe Diem.
«L'ho tradotto con un bel “Jamme jà”, perché per me questo motto indica il coraggio da avere per affrontare le varie situazioni, buttandosi senza stare troppo a pensarci su».
Lei fa così quando affronta un nuovo ruolo?
«A me piace accettare le sfide di personaggi complessi. E, spesso, questi si trovano in film indipendenti. Ecco perché conosco così bene l'ambiente del cinema indie. Amo cambiare continuamente personaggi per evitare il rischio che qualcuno possa rimanere appiccicato. Quando sarò morto, mi piacerebbe essere ricordato come uno che ha fatto cose diverse. Per esempio, pur non essendo gay, ho provato emozioni forti quando ho recitato in “The Normal Heart” di Ryan Murphy con Matt Bommer, perché amare un uomo era una cosa che non avevo mai fatto prima. E il via libera ai matrimoni gay negli Usa mi ha reso felice, anche se ci siamo arrivati tardi».
Il rischio, però, lo sta correndo con Hulk. Come gestisce un personaggio così ingombrante?
«Di Hulk adoro il lato più fragile e l'ambiguità che unisce e separa la sua metà umana e quella mostruosa. Poi, certo, nel primo “Avengers” mi ha fatto impazzire la sequenza nella quale prendo a pugni Loki. Ma i film Marvel mettono grande cura nella caratterizzazione dei personaggi anche come esseri umani e non soltanto come entità quasi soprannaturali. Non a caso, in questi film preferisco proprio le sequenze nelle quali il mio Banner chiacchiera con Capitan America, Thor, Iron Man e gli altri in maniera rilassata».
In «Avengers: Age of Ultron» spicca una sottotrama romantica tra Hulk e la Vedova Nera di Scarlett Johansson. Si prevedono sviluppi futuri?
«Non lo so ancora, perché le trame dei film del Marvel Cinematic Universe vengono pianificate su lunghi periodi. Con i prossimi titoli inizierà la “Fase 3” e anche noi siamo curiosi di vedere che cosa ci riserverà».
Non crede che vi siano troppe differenze narrative tra le versioni a fumetti e quelle cartacee?
«Secondo me è positivo che al cinema le trame siano un po' diverse da quelle dei fumetti, per sorprendere gli spettatori e, magari, anche noi attori. E poi si tratta di media differenti, che hanno bisogno di elementi diversi per attrarre il pubblico. La love story accennata tra Hulk e la Vedova Nera, per esempio, pur non essendoci nei comics è molto interessante dal punto di vista narrativo e, dunque, ben venga».
A parte Hulk, che cosa ha in cantiere nell'immediato futuro?
«Ho appena girato un film nel quale credo molto: “Spotlight”, diretto da Tom McCarthy. Con me, nel cast ci sono Stanley Tucci, Rachel McAdams, Michael Keaton. Parla della storia vera dei reporter del “Boston Globe” che portò alla luce lo scandalo dei preti pedofili nella chiesa cattolica del Massachusets. In America debutterà a novembre, spero possa avere il successo che secondo me merita». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino